Con “No Bodyguard FreestyleANNA ha dimostrato,
ancora una volta,
di avere tutte le carte in regola
per diventare un punto di riferimento del rap italiano.

Tre anni fa, in giro per l’Italia risuonava un solo pezzo: BANDO.
ANNA aveva solamente 16 anni,
ma le sue rime su quel beat house diventato iconico
non passarono inosservate.

Il resto, lo sappiamo, è storia,
ma un successo così immediato ha delle conseguenze.
Gli occhi del pubblico e della scena erano tutti puntati su di lei:
c’era chi l’amava, si,
ma anche chi si chiedeva quando sarebbe crollata questa meteora.

Tante le aspettative, troppa la pressione,
ma dopo tre anni ANNA ha saputo mettere tutti a tacere.
Avrebbe potuto sfruttare l’hype a suo vantaggio, invece,
proprio nel momento in cui tutti le chiedevano di più,
ha deciso di rallentare e lavorare,
riuscendo così a imporsi
come una delle figure di spicco della nuova scena del rap italiano.

Il suo talento al microfono è evidente:
dai beat house, al sound reggaeton, dalle basi trap a quelle più classiche,
non sembra esistere un suono che non si sposi con la sua voce.
Quando rappa accanto ai pesi massimi della scena,
come nel caso di “Cookie’s N Cream“,
riesce sempre a lasciare la sua impronta,
come se facesse questa roba da una vita.

Cover Madreperla

Dallo sfornare classici dell’underground come Mi Fist con i Club Dogo,
per poi ridimensionare l’hip hop a Milano con lo stesso gruppo,
fino a comporre pietre miliari da solista durante la scorsa decade:
cos’altro ha da dimostrare Guè?
Una domanda che, incredibilmente,
continua ad essere soddisfatta dai lavori dell’autore stesso.
Tantissime le volte in cui si ascolta una nuova uscita del rapper
e si finisce col dire “Guè lo ha fatto ancora“,
ma con Madreperla la storia va oltre le aspettative.

Da Mr. Fini del 2020 Guè ha deciso di entrare
in una forma musicale dove l’hip hop è sempre più protagonista,
rispetto alle venature pop o trap che oggi straripano nel mainstream urban italiano.
Il mixtape del 2021 Fastlife 4 si è imposto con successo
come una schietta dichiarazione di intenti.


Guè nella cover di Madreperla si fa trovare in un luogo-simbolo della sua città Natale,
la Galleria Vittorio Emanuele II, con l’outfit in citazione a Nino Brown,
protagonista della pellicola-culto New Jack City.
Questo tipo di citazioni scannerizzano la profondità intellettuale che Guè
possiede quando si parla di hip hop.
Il suo talento nella musica parla da sé.
Uniamo a questi fattori uno degli artigiani migliori della musica rap, Bassi Maestro,
che decide di dedicarsi alla produzione
di una delle uscite più importanti della sua carriera,
sommando il suo genio sonoro alla sua illimitata knowledge musicale,
per un progetto fatto con passione.

Guè al microfono e Bassi alla produzione sono un dream team
che già ci aveva deliziato di tracce come Pequeno, intro del disco Vero,
o nel brano ispirato ai suoni della West Coast Fast Life,
contenuto in Fastlife 4.
Il potenziale di questa unione è immenso, e nel disco è pienamente raggiunto.

Madreperla di Guè è un disco culturale: recensione.
Il disco è fuori dai canoni odierni del rap italiano mainstream,
soprattutto perché non è semplicemente un disco rap,
è un disco di autentico stampo hip hop.
Dall’estetica ritratta, i campionamenti, i riferimenti musicali,
le performance del Guercio, tutto spinge verso una direzione
diversa dal rap trendy del momento,
a favore di un contenuto più autentico e originale, tendente al rap formalista.
Il risultato è egregiamente riuscito nella sua qualità ed unicità.
Se Marracash ha avuto il suo Persona, questo disco può essere l’equivalente per Guè:
un qualitativo blockbuster di autentica definizione artistica dell’autore.

Che Guè fosse particolarmente in forma lo si poteva intuire dalle sue apparizioni
come featuring che hanno preceduto il disco: tra tutte 6 Mesi di TY1.
Con una poetica intro cantautorale di Franco126 ed un’esecuzione incriticabile
del rapper napoletano J Lord, sopra una produzione bella forte,
Guè ha offerto una delle strofe più incisive della sua carriera,
dove evidenzia una verità non banale sul suo percorso:

Quindici anni di carriera, pesce tosto
L’unico rapper che non si è ancora fatto rubare il posto

La consistenza che ha mantenuto tra gli anni
è ciò che rende Guè fisso vincitore annuale di un campionato dove gioca da solo.
Con Madreperla l’impresa vera è stata superare un’aspettativa altissima
posta sul suo nome, saldo tra i più gettonati da decadi.

Musicalmente è un album hip hop tradizionalista,
ma a differenza del “bianco e nero” di Fastlife 4, Madreperla
è colorato da molteplici influenze nelle varie tracce,
provenienti da generi tra cui la disco music, la dancehall, l’R&B.
Il panorama musicale dell’album esplora diverse sonorità hip hop
mantenendo una coesione sonora:
Il lavoro fatto da Bassi è un totale “pezzo di bravura”.
La profondità di suono funge da carta più vincente di un album magistrale.
È uno di rari casi nel rap italiano dove il disco non ha nulla da invidiare
a paralleli progetti americani, chiaro esempio:
Da 1k In Su (ma di questo ne parleremo dopo).

Ciò che rende Madreperla magistrale, oltre al suo valore musicale,
è proprio il fatto che si tratta di un album culturale.
Non è un prodotto del momento, è un prodotto che va oltre al momento.
La nostra speranza è che un lavoro del genere scuota il panorama urban nostrano
alla portata del grande pubblico,
verso un’essenza, un suono, un approccio musicale
e un’attitudine necessaria, che col tempo purtroppo si è sbiadita.

Il disco contiene dodici tracce, per una durata essenziale ed incisa:
andiamo ora ad analizzarlo traccia per traccia:

Prefissi

Accompagnato da uno stellare video musicale, in Prefissi Guè apre le danze rappando su un’ottima, scura e schietta strumentale funkeggiante:

Brother, è da sempre che sto in mezzo a ste robe
Non per finta, non per metterlo su Insta

Segue una delle performance più tecniche del disco, dove il Guercio cita numerosi prefissi telefonici internazionali, per poi spiegarne come ci è collegato, tra affari loschi e stile di vita veloce.

Nel brano ricalca la sua gloria di strada, dichiarandosi una minaccia per chi gioca nel suo stesso campo del crimine, senza averne la stoffa.
Il brano è puro “bosseggiante” gangsta rap, dove Guè mostra la sua forma smagliante.
Nel ritornello si sente un’influenza ai primi lavori di 50 Cent, mentre l’arrangiamento del beat ricorda produzioni come B*tch Please di Snoop Dogg.

Prefissi è una gemma che imposta su che piano musicale sta il disco, aprendo le giostre in maniera ottima.

Tuta Maphia

Primo brano composto per l’album da Guè e Bassi, nonché motivo della genesi di tutto il disco, Tuta Maphia è un pezzo meraviglioso.
La produzione è massacrante: giro di piano dal tocco malandrino, abbinato alle liriche gangsta, con batterie schiaffeggianti.
Il sound è old school, col boom bap, mantenendo un suono che risulta contemporaneo. Il ritornello spinge e la strofa di Guè continua le tematiche del precedente, mantenendone la fotta e l’alto livello lirico:

Ogni giovane di strada mi è devoto
Quanti rapper ho trapassato come il remoto

Condannando i rapper che recitano ruoli da fake gangster e le usanze di moda nel rap più contrapposte ai valori radicati nella cultura, Guè rivendica con prepotenza il suo ruolo nel gioco.
Il ruolo della seconda strofa è stato affidato a Paky, uno che nelle rime, nella tecnica, nello stile, ed in generale nella massa artistica, non riuscirebbe a tenere testa gareggiando con capisaldi come Guè, o altri rapper con un imprinting tecnico.
Questo tipo di artisti non sono stati chiamati nel disco (ad eccezione di Marracash per un ritornello) e, in tracce come questa, avrebbero potuto presumibilmente elevare il valore artistico della canzone.
Tuttavia, a giudicare dalla gamma di collaborazioni optata per il disco, si percepisce come nel progetto ci fosse una volontà di unire la cultura hip hop autentica alle nuove generazioni e, in ogni caso, nulla delegittima al brano il fatto che sia una manata devastante.

Mi Hai Capito O No?

Madreperla continua la sua scia meravigliosa con uno dei suoi apici: Mi Hai Capito O No?.
Un brano splendido, dove la strumentale contiene un diretto sample dell’arrangiamento musicale dell’omonimo brano del 1981 di Ron, cover della più celebre I Can’t Go For That degli Hall & Oates.
Con l’aggiunta di uno scratch superbo, il brano è lucente, iper-ballabile, immerso in affluenze provenienti dalla musica disco.
Il testo offre uno storytelling di Guè su una ragazza, incontrata in una Chinatown, che riesce a gestire a suo piacimento le emozioni del rapper, nonostante le abilità di quest’ultimo come latin lover e uomo di strada di successo:

Rispetto in ogni distretto
Pensavo fossi in love col mio flow ma mi sveglio da solo nel letto
Ti rivedrò sfrecciare sopra un Range
Ma oggi non piange la tua revenge

L’iconografia dipinta nel testo è limpida e cinematografica, mantenendo la leggerezza del contenuto, ciò va a dimostrare le capacità mostruose della penna del Guercio.
Tra la citazione lirica ad Alan Sorrenti e il caratteristico ritornello con la voce campionata di Ron, è super-lodevole anche il freschissimo connubio tra hip hop dalle vibrazioni anni ’80, col tributo alla musica italiana dello scorso millennio che ha tracciato la cultura pop del nostro Paese.
Questo pezzo è brillante, universale, trasversale e attempato, senza aver bisogno di una profondità di messaggio alla Brivido.
Sicuramente uno dei momenti più vincenti dell’album.

Cookies N’ Cream

Tributando l’hip hop da club anni 2000, Cookies N’ Cream si rifà al sound reso iconico da classici come Candy Shop di 50 Cent e Yeah! di Usher.
È chiaro come il fulcro del brano sia l’esercizio di stile e l’attacco di Guè è esemplare. In un brano del genere, dove l’impegnativa lirica passa in secondo piano, a pieni voti prende spazio il lato più burlesco del Guercio (alla Il ragazzo d’oro), marchio di fabbrica del suo stile:

Tolgo questo ice dal frigo
Vuole farmi assaggiare come Bello Figo

Cookies N’ Cream è originale e orecchiabile, mantenendo l’ambizione di tradurre culturalmente formule musicali dell’hip hop a stelle e strisce.
La scelta di far apparire una rapper femminile come Anna, in una club banger edonista del genere, cerca – con le dovute proporzioni – di riprendere il ruolo che una Missy Elliot aveva in Work It.
La strofa il suo, ad eccezione di certe evitabili doppie voci urlate.
Sfera Ebbasta chiude il brano offrendo esattamente il lavoro richiesto, con un puro esercizio di flow scorrevole, melodioso ed egregiamente riuscito.

Need U 2nite

Bassi merita una standing ovation da tutto il panorama musicale italiano per aver prodotto certi capolavori di strumentali come questa: soffice ed elastica, dominata da un magnifico campionamento vocale del brano soft rock del ’79 Stay With Me Till Dawn di Judie Tzuke.
Massimo Pericolo nella prima strofa introduce la tematica del brano:

Mi ero perso
Senza una stella in tutto l’universo
E lo sono diventato io stesso

La strofa di Pericolo è profonda e riflessiva: la solitudine e l’alienazione dal proprio contesto sociale sono temi che vengono affrontati in modo motivazionale, dove le soluzioni proposte a questi traumi e dilemmi sono la fiducia in sé stessi, la perseveranza, il credere nelle proprie volontà rispettando le proprie scelte.
Gran bel messaggio.
Guè offre invece una prospettiva più pessimista dove non vede via d’uscita dagli ambienti deleteri per la sua vita, che hanno segnato in lui una tendenza quasi irrisolvibile nel fare la cosa sbagliata.
L’unica soluzione che vede è in una situazione amorosa che però si sta avvicinando alla fine.
Need U 2nite si certifica come un vertice di vulnerabilità e produzione in Madreperla.

Léon (The Professional)

Ispiratosi all’omonimo film francese, risulta uno dei brani più generici della tracklist.
Il contenuto gangster del disco viene affrontato senza infamia e senza lode.
Il beat è incassante ma, forse, è quello che meno lascia il segno rispetto alle strumentali da cui è circondato.
Per quanto il disco sia inciso, Léon dà l’idea di “canzone da riempimento”.
Se Tony contenuto in Santeria era colmo di citazioni al film che dava il nome al brano, qui le citazioni al film che lo intitola sono estremamente minimizzate, tanto che non viene nemmeno mai pronunciato il nome “Léon” nel brano.

All’ombra del Sempione, pimpin’ in Milan
Dopo solo due parole siamo già andati di là
Come Nipsey faccio hustle
Prendo questa pussy al balzo

Considerando l’assenza di un contenuto vero e proprio, il pezzo gioca più da esercizio di stile, tuttavia anche in questa prospettiva è abbastanza povero.
Le rime giocano facile con l’utilizzo massiccio dell’inglese e i giochi di parole non sono più di tanto ingegnosi.
La durata è abbastanza breve e nemmeno a livello ritmico riesce ad imporsi. In Madreperla può essere considerato uno degli skip più facili.

Free

A proposito di Santeria, la coppia Marracash e Guè torna nella vincente Free.
Il testo ruota attorno a un’importante critica al dominante pensiero del politicamente corretto.
Nella sua strofa Guè evidenzia l’ipocrisia di chi finge di combattere battaglie che non gli interessano per apparire eroico all’occhio pubblico, sottolineando quanto questi valori siano sostenuti da gente che “predica bene ma razzola male”:

Sto qua per il montepremi
Tu mangi fried chicken mentre fai body-shaming
E i moralisti fanno strisce, sì, sono così scemi
Che postano di Black Lives Matter, ma in realtà odiano i neri

Un rimprovero, pungente e diretto, verso la società basata sull’apparire dei social media, che arriva a toccare la paranoia dell’artista riguardante il mondo in cui crescerà sua figlia.
Questa paranoia è dettata da un’ottica dove, ai tempi di oggi, non si viva in un mondo progredito ma sempre più cinico e dittatoriale nei suoi standard contraddittori. Un’analisi interessante, che se facesse spuntare riflessioni individuali all’ascoltatore, agirebbe sicuramente con un tocco estremamente nobile.
Il ritornello è gestito da Marra, riassume questo concept in modo orecchiabile, sopra un beat classico con lievi sprazzi di chiptune.
Il livello musicale del brano viene declassato quando inizia Rkomi, con l’arrangiamento del beat che retrocede per adattarsi al mondo musicale di quest’ultimo, per una strofa poco memorabile ma comunque di livello superiore rispetto i suoi recenti standard.

Mollami pt.2

Primo singolo estratto dal disco, segue il filone dei brani dancehall di Guè, come Insta Lova, Milionario, Guersace e Oro.
Il brano è super ballabile e vivace ed è il modo perfetto per far respirare il disco al di fuori di batterie incassanti e strofe impegnative.
Casca facilmente all’orecchio come sia un rifacimento del brano Here Comes the Hotstepper di Ini Kamoze, interpolando la melodia del ritornello.
Con accezioni di g funk nel synth portante, è uno dei brani ritmicamente meglio riusciti tra questa categoria per il Guercio.
Fa chiaramente da sequel all’omonimo contenuto in Vero, che invece presentava sonorità molto rimandanti alla stilistica di artisti come Tyga e DJ Mustard.

Mo-mo-mollami, se poi mi parli solo di soldi
Attirerei soltanto la guardia e i balordi
Mentre tutti gli altri rapper sono in danger
Tengo la collana, brillo in mezzo alla gente

Quando il rapper si avventura nella dancehall, si sente che ha un bagaglio culturale abbastanza saldo sul genere che gli permette di farlo bene e Mollami pt.2 rientra sicuramente tra le dimostrazioni più chiare.
Questa ramificazione, inusuale nel panorama urban italiano ma massiccia nel panorama della musica black mondiale, è genuina e spesso ben riuscita, dando valore e carattere all’artisticità di Guè.

Lontano dai guai

Mahmood era apparso in Sinatra nella traccia bonus Doppio Whisky e in Mr. Fini nel brano pop-rap Tardissimo.
Entrambe le collaborazioni sono uscite di buona fattura ma a questo giro i due hanno fatto un vero e proprio capolavoro.
A volte capita che nella sua musica Mahmood sminuisca la sua voce per innocui singoloni pop che non valorizzano a pieno il suo talento: qui Guè ha tirato fuori il meglio dal cantante.
Un’esecuzione vocale R&B spettacolare, che flette le enormi capacità vocali di Mahmood, tra cui il suo delicato falsetto d’oro.
L’emozione traghettata dalla voce del cantante fa da contorno spesso alle strofe di Guè, dove affronta tribolazioni sulla sua vita privata, tra fama e il suo stile di vita edonista, scavando a fondo in un’introspezione toccante:

Mio padre se ne è andato senza vedermi che riempivo il Forum
Nessuna donna mi ha riempito il cuore
Notte indimenticabile, dimenticherò todo
Il club è pieno ma io sono vuoto

Bassi merita i suoi fiori per aver creato un altro capolavoro di strumentale, dal carattere soft, accarezzando soul e jazz.
Lontano Dai Guai è sicuramente uno dei momenti più preziosi della carriera di Guè.

Chiudi gli occhi

L’unica traccia che presenta alla produzione delle mani aggiuntive a quelle di Bassi, ossia quelle di Shablo, e si sente.
Chiudi gli occhi è il momento più pop del disco, e contiene un intelligente campionamento di Amore impossibile dei Tiromancino, che eleva a momenti il brano dal classico pop-rap radiofonico dove ristagna.
Nelle strofe il rapper si esibisce con stile nel narrare le complicazioni di una storia d’amore in prima persona:

Ogni sera uguale
Quella palla di fuoco che si spegne nel mare
Io me ne vado a male
Ferite con il sale, lo senti dalla voce nello stereo
Che sono high come un aereo

Il ritornello ha una melodia in pieno stampo pop contemporaneo italiano.
È abbastanza prevedibile ed edulcorata con una doppia voce femminile (di Rose Villain, che ce ne ha parlato qui) posta a correggere la voce primaria del Guercio, non abbastanza intonata per questo tipo di ritornello.
Al di fuori del campionamento dei Tiromancino questa canzone di qualitativo non offre più di tanto.
È una traccia che troverebbe sicuramente posto nelle radio e nelle AirPods di giovanissimi che magari non riescono a digerire il resto dell’album: ciò la porta ad essere un pochettino fuori contesto.

Da 1k in su

Era il 2015 quando aprendo la classifica di iTunes dal mio tablet trovai tra le prime posizioni un pezzo di Guè con Akon.
La mia reazione fu quella di esclamare “cosa!?“.
Collaborazioni internazionali con artisti del genere erano completamente inedite, bisogna dare credito a Guè: tra le tantissime cose che ha importato con la sua presenza nell’hip hop italiano, il featuring con la star dell’hip hop americano è una di quelle.
Nonostante questo, Interstellar (nome della collaborazione con Akon) non era propriamente un fiore all’occhiello nel disco che la conteneva (Vero).
Era palpabile come fosse un’unione forzata, quella produzione non era roba da Guè (difatti la canzone era uno scarto di Jason Derulo), e il testo, sebbene ben scritto, faticava in maniera evidente a scorrere sul beat.
L’unica cosa che rendeva la combo un attimino reale era l’intro dove Akon cantava: “Akon and g pequeno!“.
Comunque sia, era l’inizio di qualcosa che col tempo ha trovato sempre più spazio nel nostro music business, tra Sfera che collabora con Quavo e Lazza che duetta con Tory Lanez.
Tuttavia queste collaborazioni spesso hanno il tono di compitino fatto dall’artista americano unicamente per soldi.

Oggi è il 2023 e Guè resta avanti agli altri.
Da 1k In Su contiene il featuring di Benny the Butcher, astro della Griselda Records, ma qui non si tratta di “featuring internazionale”, qui si tratta di featuring vero e proprio.
Il brano si apre con Guè citare proprio l’anno in cui collaborò con Akon, dicendo:

Nel 2015 ho fatto il primo milione
Tu hai fatto la galera, bravo coglione

Bassi ha fatto un lavorone per un beat opaco, in piena concezione dell’unione di stile dei due rapper.
Ma soprattutto il beat non ha nulla da invidiare a nessuna produzione di Tana Talk 4 (ultimo album di Benny the Butcher), anzi potrebbe essere benissimo una strumentale di quel disco, facendosi spazio tra le altre.
Questo ha portato Benny a fare una strofa vera, di livello, d’impegno, che coronata assieme allo street rap eseguito al top di Guè, crea una delle collaborazioni internazionali musicalmente più memorabili dell’hip hop italiano.

Capa Tosta

Il disco si chiude con Capa Tosta, brano che strizza l’occhio al sound newyorkese, dove Guè esplora il suo lato più romantico.
Il pezzo figura la collaborazione con la nuova uscita discografica Napoleone, cantautore salernitano, che esegue ritornello e outro, fondendo R&B e canzone napoletana:

Santa Maria, come baci bene
Sotto ‘a stu cielo ‘e stelle
Nun succede ca nun succede,
Ma io so capa tosta

La collaborazione ricorda parallelismi americani come Puff Daddy e Usher in I Need a Girl, oppure Twista e Chris Brown in Make a Movie, per una formula musicale stra-usata negli USA, che in Italia è presente solo a strascichi.
La combo è senza dubbio trionfante, con Guè che flette il suo flow con spaventosa naturalezza e Napoleone che si esibisce confidentemente in un ritornello abbastanza impegnativo.
Una cosa, però, suscita particolare curiosità.
Il timbro di voce, lo stile di canto R&B, l’unione di frasi napoletane e inglesi: sono tutte cose in cui, questa nuova uscita Napoleone, è incredibilmente simile al cantante di identità anonima Liberato.
Le opzioni sono due: o dietro Liberato si cela l’identità di Napoleone, o quest’ultimo si è impegnato parecchio per fare un’imitazione alla Tale & quale show del più famoso artista.


In conclusione, Madreperla si certifica immediatamente come una delle uscite più importanti del rap italiano degli ultimi anni, arrivando ad essere considerato da una buona fetta del pubblico, già a pochi giorni dall’uscita, come l’album migliore pubblicato durante la carriera solista del Guercio.

In questo risultato è stato imprescindibile il lavoro di Bassi, che ha dato all’album quello che potrebbe essere discusso tra i tappeti musicali migliori del rap nostrano.

Guè ha detto che Madreperla è il disco che ha sempre voluto fare, che con la sua creazione si è trasformato in un sogno realizzato.
Sotto questa prospettiva i desideri del pubblico e dell’artista si sono incontrati nella realtà con Madreperla.


Articolo completo su:
https://www.rapologia.it/madreperla-gue-recensione-traccia-per-traccia/

Nel 2016 in Italia inizia a diffondersi la TRAP sottogenere dell’ Hip Hop nato nel sud degli Stati Uniti e sviluppatosi tra la fine degli anni novanta fino al 2000.

I precursori della Trap in Italia invece furono SFERA EBBASTA e CHALRLI CHARLES, anche se si ritiene che il primo album italiano con alcune sonorità trap sia stato Il ragazzo d’oro di Gué Pequeno del 2011.


Il vero momento epico per la trap in Italia arriva con l’album XDVR del rapper milanese Sfera Ebbasta , prodotto interamente da Charlie Charles, uscito nel giugno 2015 Disco ispirato alla musica statunitense e francese del genere, in particolare per quanto riguarda le sonorità e il mood fino a quel momento in Italia sconosciute. Contemporaneamente, nella scena hip hop romana si delinea il profilo della Dark Polo Gang prodotta da Sick Luke, che riesce in pochissimo tempo ha ritagliarsi un ruolo fondamentale nella nuova scena italiana.


Successivamente uscirono fuori nomi come quello di Ghali, Capo Plaza Izi, Rkomi e Tedua: frequenti collaboratori di produttori e rapper ( Charlie Charles, Sick Luke, Sfera Ebbasta e Dark Polo) considerati anche loro esponenti della cosiddetta nuova scuola dell’hip hop italiano, nonostante un sempre più progressivo distanziamento dalla trap verso sonorità più pop. Tra le donne che possono essere ricordate nella musica trap italiana ci sono Chadia Rodríguez, Leslie (Lisa Cardoni), Beba, Comagatte, Madame. Genere che ha cmq reso possibile la partecipazione del sesso femminile in modo attivo e significativo.


Dopo la trap, è l’ora della drill, sottogenere del rap, seguendo l’esempio di Francia e Gran Bretagna è giunta da noi con gli stessi suoni e le tematiche che la caratterizzano all’estero. Testi malinconici ed esibizione del lusso: rap che non può prescindere da questi due fattori. Genere che è soprannominato “trap nichilista” : sono rappers che raccontano della loro vita difficile nelle periferie d’Italia e di un passato spesso legato alla malavita per il disagio vissuto nei quartieri più poveri delle metropoli. La maggior parte di questi Trapper sono giovani che in questi anni hanno dominato le classifiche e che hanno sempre etichettato i vecchi
RAPPERS come datati e a rischio estinzione.

Oggi la realtà racconta una storia diversa e la nuova generazione è meno forte di qualche anno fa. La trap è durata davvero poco! Non ha saputo rinnovarsi. Non è riuscita a trovare i canali giusti per restare sempre in voga. Sono i quarantenni, infatti, che stanno dominando ora la scena riportando il Rap nei piani alti. Nel 2019 “Persona” di Marracash è stato fondamentale e ha gettato le basi per il ritorno ad un rap di contenuto, di riflessione ma sicuramente non “conservatore” in quanto nei lavoro di Marra sono presenti sonorità attualissime.


Sulla stessa scia di Marra sono riusciti a distinguersi rappers (tutti quarantenni) come Salmo, Guè Pequegno, Noyz Narcos, Gemitaiz,Inoki. Sono riusciti a riportare il pubblico ad ascoltare nuovamente un disco. Abitudine che negli anni si era persa. Attraverso i loro album ricchi di stile e rime tipiche della loro scuola di provenienza (hip hop) e attraverso i contenuti sempre più profondi e originali sono riusciti ad opporsi in modo intelligente ad una nuova generazione che stava comunque spingendo dal basso ma che ormai è destinata ad estinguersi. Questo a dimostrazione del fatto che oggi una “canzone” è concepita per attrarre lo spettatore nell’immediato e non è invece destinata a rimanere nel tempo.

Questi artisti invece sono riusciti a creare degli album che molto probabilmente resteranno nel tempo e che stanno segnando un cambiamento per la musica rap italiana significativo.


Questo nuovo anno ci darà ancora altri dischi che tutti gli amanti del genere aspettano da diverso tempo. Altri due “quarantenni” FABRI FIBRA e LUCHE’ saranno sicuramente protagonisti della scena con i loro nuovi album. Sarà un anno importante in cui molto probabilmente il Rap in Italia inizierà a prendere una direzione ben precisa e forse finalmente riuscirà ad avere il posto che merita lontano dalla musica pop italiana.

Lo Zio Eddy

Maxtape è il nuovo progetto di Nerone: non un semplice mixtape, ma qualcosa di più, come suggerisce il titolo. Il titolo è chiaramente ispirato al nome di battesimo, Massimiliano,  ma di fatto è aggettivo adatto a presentare il prodotto.

All’interno infatti troviamo tantissimi rapper, di fama e livello tecnico elevatissimo. Troviamo Emis Killa & Jake la Furia, Fabri Fibra, Boro Boro, Gianni Bismark, Axos, Nitro, Gemitaiz, Highsnob, Danti, Tormento, J-Ax, Maruego, Mido e Clementino. Insomma, non proprio gli ultimi della scena.

Nerone è riuscito a fare da fulcro e trovare affinità con tutti i rapper ospitati nel proprio progetto, anche se apparentemente molto distanti tra loro. Giovani e veterani, rapper vecchia scuola e trapper innovativi. Nerone riesce ad affiancarsi a tutti questi, senza mai sfigurare, anzi… Cosa non banale, quando si hanno tanti ospiti in un proprio progetto: il rischio è quello perdere la propria identità creando un effetto “compilation”. Invece Nerone riesce a tenere in mano le redini del progetto, per dimostrare che non ha nulla da invidiare  ai più grandi della scena.


Lo stile di Nerone, caratterizzato da barre potenti, incastri e giochi di parole non viene meno in nessuno dei brani. Il suo rap polemico, dissacrante, con tante punchline come una volta è accompagnato da un sound fresco e variegato. Le produzioni sono curate da Sine, Bella Espo, A-Kurt, Funkyman, 2P, Foreigner, Biggie Paul, Frenkie G, Marco Azara, Mastermaind, Garelli, PJ Gionson e Big Joe.


All’interno del disco sono contenuti i singoli già pubblicati negli ultimi mesi: Bataclan (feat. Fabri Fibra), Radici (feat. Clementino) e Un sec (feat. Nitro e Gemitaiz).

Se il Real Talk di qualche giorno fa aveva fatto crescere l’hype intorno a Maxtape,
con la release del progetto intero possiamo dire che questa attesa è stata ben ripagata.

Per restare aggiornati seguite i social di Nerone ed il sito dedicato a Maxtape!

https://www.rapologia.it/2021/03/26/maxtape-nerone-streaming/

La cultura “Hip-Hop” ha conquistato molti aspetti della vita di tutti i giorni: l’abbigliamento, la musica, i modi di fare e il cinema. Proprio grazie a quest’ultimo aspetto, noi di LSDF, non potevamo fermarci a raccontarvi il nostro mondo solo attraverso 5 titoli, la strada è ancora lunga e piena di chicche nascoste: Film semi-romantici, film puramente rap e commedie demenziali.

Ecco perchè abbiamo selezionato per voi “Altri 5 Film HipHop da vedere assolutamente”

1) 8 MILE

Alle soglie dei vent’anni, si può dire che 8 Mile (2002) sia un film che è rimasto a segnare un’epoca. Riesce a fotografare bene un determinato periodo storico, gli anni Novanta, di un determinato paese, gli Stati Uniti, e un determinato ambiente sociale, prima ancora che scena musicale. Infine, ruota attorno a un uomo che, checché se ne dica- Eminem è personaggio ostico, capace di attirare su di sé critiche e antipatie almeno quanto apprezzato sulla scena hip-hop – di quella scena è ed è stato indiscusso protagonista.

Il film è un viaggio nella Detroit più difficile, quella da cui la storia di Marshall Bruce Mathers III – vero nome di Eminem – è iniziata proprio agli albori degli anni Novanta. 8 Mile fu un successo non solo in patria, dove vinse il Premio Oscar per la miglior canzone, Lose Yourself, ad opera di Eminem stesso, che chiudeva il film – per la prima volta fu una canzone rap ad aggiudicarsi il premio. Con questo film Eminem guadagnò anche due MTV Movie Awards – miglior interpretazione maschile e miglior rivelazione – e due Grammy Awards  – miglior canzone rap e miglior performance solista.

2) STEP UP

Step up è un film del 2006 diretto dalla coreografa Anne Fletcher con Channing Tatum e Jenna Dewan. Racconta la storia di Tyler, un ragazzo che vive alla giornata e insieme agli amici Mac e Skinny Carter si diverte a commettere piccoli furti e bravate. Una sera i tre si intrufolano nel teatro della Maryland School of art danneggiando delle scenografie. Sorpresi da una guardia di sicurezza Tyler si addossa le colpe facendo scappare i due amici. Viene condannato a svolgere 200 ore di lavori socialmente utili proprio nella scuola che ha danneggiato.

Qui Tyler conosce Nora Clark un’allieva della scuola che sta preparando una coreografia a due per il saggio di fine anno durante il quale avrà la possibilità di farsi notare da importanti coreografi e di ottenere un ingaggio. Il suo partner però si sloga una caviglia e Tyler propone a Nora di sostituirlo perché, nonostante non abbia mai studiato, è un bravo ballerino. La ragazza accetta e tra i due nasce un grande affiatamento e presto anche un sentimento. Ma molti sono gli ostacoli che metteranno a repentaglio il loro rapporto e il futuro di Nora.

3) 2 SBALLATI AL COLLEGE

Due sballati al college (How High) è una commedia del 2001, diretto da Jesse Dylan e con attori protagonisti i 2 mitici MC “Method Man & RedMan”. La storia si incentra su due fumatori d’erba, Silas e Jamal. Quando l’amico Ivory muore, Silas fa uso delle sue ceneri come fertilizzante per un nuovo lotto di Ganja ma prima del suo esame per il college incontra Jamal. Entrambi vorrebbero fumare della marijuana ma hanno bisogno l’uno dell’aiuto dell’altro; iniziano così la loro amicizia. In quanto la pianta che fumano è stata concimata con le ceneri di Ivory, il suo fantasma appare ai due amici e li aiuta nel test facendoli passare con punteggio pieno. Mentre i docenti sono dubbiosi nell’offrire una borsa di studio ai due, loro si dimostrano non particolarmente attratti da ciò. Il preside Huntley, alla fine, suggerisce ai due di entrare all’università di Harvard. I due accettano l’offerta e continuano a usare l’erba “magica” per avere successo, ottenendo risultati sempre più grandiosi.

4) GET RICH OR DIE TRYIN’

Get Rich or Die Tryin’ è un film di genere Drammatico, Poliziesco del 2005 diretto da Jim Sheridan con Curtis Jackson e Benz Antoine. Distribuito in Italia da Universal Pictures. Possiamo dire che è una sorta di biografia dell’attore protagonista: “50 Cent”. Ovviamente stiamo parlando di una storia ritoccata e infiorettata per il grande pubblico, ma in linea di massima possiamo dire che sia la storia di Curtis Jackson.

Marcus (50 Cent), ragazzone timido e introverso, spaccia droga per strada, ma il suo sogno è fare soldi e diventare una star del panorama musicale. Grazie alla sua passione, riuscirà a salvarsi da un destino di delinquenza già segnato. Dopo Il mio piede sinistro (1989) e Nel nome del padre (1993), Jim Sheridan solca terreni più pop nel biopic su 50 Cent, celebre rapper colpito da nove colpi di pallottola, uno dei quali, sulla lingua, provoca il difetto sonoro diventato suo marchio di fabbrica. Sorta di gangster-movie, che trae il titolo dall’album d’esordio dell’artista e che richiama (troppo) da vicino 8 Mile (2002) di Curtis Hanson con Eminem: anche qui strada, rap e un passato difficile, ma con scelte narrative ancor meno convincenti, sono gli ingredienti di un prodotto prevedibile e senza guizzi, con uno sbilanciamento tra momenti introspettivi e inserti musicali.

5) NOTORIUS

Concludiamo questi altri 5 film con “Notorius”, film biografico sulla vita e sulla morte di “The Notorius B.I.G”.

Il 9 marzo 1997 Christopher George Latore Wallace, meglio conosciuto come The Notorious B.I.G., sta rientrando in macchina al suo hotel dopo essere stato al Soul Train Award di Los Angeles quando un uomo a bordo di un’auto apre il fuoco uccidendolo all’istante. Il secondo album del celebre rapper della East Coast, “Life After Death”, esce quindici giorni più tardi e debutta al primo posto delle classifiche. Notorious è la cronaca (romanzata) della vita di Wallace. Partendo dalla notte dell’omicidio, il regista George Tillman, Jr. ne ripercorre in maniera cronologica tutte le tappe, da quando ragazzino veniva deriso dai compagni di scuola per la sua stazza e perché scriveva rime, al primo contratto discografico con la Bad Boy Records di Sean “Puffy” Combs, dagli anni in cui, giovanissimo, si guadagnava da vivere spacciando droga per le strade di Brooklyn alle tormentate storie d’amore con baby mama Jan, Kimberly “Lil’ Kim” Jones e Faith Evans.
A scandire l’ascesa dell’icona del rap sono i brani (editi) dello stesso Notorious B.I.G. che raccontano la sua storia e allo stesso tempo offrono la colonna sonora ideale per mettere in luce il contesto in cui nascevano i suoi testi taglienti, violenti e autobiografici. All’epoca l’hip-hop si divideva principalmente in due fazioni; da una parte risuonava la West Coast con Snoop Doggy Dogg, Dr. Dre, Tupac Shakur e la Death Row Records e dall’altra ribatteva la East Coast con la Bad Boy Records di Sean “Puffy” Combs e Craig Mack, The Notorious B.I.G. e i suoi “protetti”, i Junior M.A.F.I.A.. La battaglia a colpi di rime (e di armi da fuoco) diviene del biopic punto focale nel momento in cui i rapporti tra Biggie Smalls (altro moniker del massiccio Mc) e 2Pac si irrigidiscono culminando con minacce e spari, ma la cronaca dei fatti manca di obiettività e presenta qualche lacuna. Laddove il film addita i media come principali responsabili del crescente astio tra le due fazioni rivali, la storia perde parte della sua credibilità e cede al buonismo liberando gli esponenti della East Coast dalle accuse e tramutando persino Puff Daddy in una sorta di paladino della giustizia.
Se è vero che da un’opera, per quanto biografica, prodotta da amici e parenti non ci si può aspettare assoluta franchezza e veridicità, Notorious (prodotta dalla signora Voletta Wallace, da Sean Combs e soci, e interpretata dal figlio del rapper, CJ, nel ruolo di Chris bambino) può essere considerata più un omaggio a un grande artista che non un puro biopic. Tuttavia la bravura degli attori – l’esordiente Jamal Woolard offre corpo e movenze a Biggie Smalls in una prova eccellente, Angela Bassett si confronta magistralmente col ruolo della madre e Derek Luke si dimostra più che capace a vestire gli eleganti abiti di Combs – fa del film di George Tillman, Jr. un buon prodotto d’intrattenimento per i seguaci della scena hip-hop e per quanti non conoscessero l’uomo che iniziò la scalata al successo sentendosi pronto a morire e la terminò a soli ventiquattro anni quando si era finalmente detto pronto a vivere

L’hip-hop ha sicuramente trovato la sua strada sotto i riflettori della cultura tradizionale. Se ci pensate, alcune delle più grandi star dell’intrattenimento e dei social media provengono tutte dal mondo dell’hip-hop. Nomi come Kanye West, Nicki Minaj, Snoop Dogg e Dr. Dre sono tutti nati nel mondo del rap, ma ora sono personalità importanti nel regno delle celebrità.

Abbiamo selezionato per voi “5 Film HipHop da vedere assolutamente”

1) L’ODIO (LA HAINE)

L’ODIO (La Haine) è il primo film di cui vi consigliamo la visione. Tutti noi abbiamo sentito “la storia di un uomo che cade da un palazzo di 50 piani”, ecco, è da qui che arriva. L’odio è un film del 1995 scritto e diretto da Mathieu Kassovitz, vincitore del Premio per la miglior regia al Festival di Cannes.
La pellicola, girata in bianco e nero, prende spunto dalla reale uccisione di un ragazzo delle banlieue di Parigi da parte della polizia. Nella versione originale i dialoghi sono in verlan, un gergo parigino caratterizzato dall’inversione delle sillabe di una parola per crearne una nuova.

2) STRAIGHT OUTTA COMPTON

STRAIGHT OUTTA COMPTON è diretto da F. Gary Gray.
Il titolo del film prende il nome dell’omonimo album del 1988, con il quale gli N.W.A. hanno fatto il loro debutto. Tra i membri più importanti del gruppo vogliamo citare Ice Cube, Dr Dre ed Eazy E.
Il film narra la storia di cinque ragazzi di Compton, California, che, armati unicamente di testi hip hop schietti e brutali e della loro spavalderia, si ribellarono contro gli abusi delle autorità e formarono gli N.W.A. E così, raccontando la vita del ghetto come mai nessuno prima, diedero vita a una rivoluzione sociale la cui eco risuona ancora oggi. Gli eventi del film si collocano tra il 1986 e il 1995.

3) FA’ LA COSA GIUSTA

FA’ LA COSA GIUSTA del 1989 è considerato uno dei lavori più importanti di Spike Lee, lo citeremo nella nostra lista non solo perchè film squisitamente hip hop, ma per il fatto che abbia contribuito molto a far conoscere le realtà di cui molti testi rap sono portavoce. La vicenda principale della pellicola, sita ad Harlem, è un evento successo realmente negli anni ’40.

4) WILD STYLE

Secondo noi WILD STYLE è stato molto importante per la diffusione della cultura Hip Hop in italia. Grazie a film come questo e “Beat Street” generazioni di B-Boy sono cresciute col mito dell’Hip-Hop, dei graffiti, della break-dance e del rap.

WILD STYLE ,del 1983, infatti è una pellicola di notissima icona sociale, prodotta da Charlie Ahearn. Una rivoluzione culturale singolare quella descritta dal capolavoro cinematografico Wild Style che è riuscito a influenzare album del calibro di Illmatic di Nas, Midnight Marauders degli A Tribe Called Quest, Black Sunday dei Cypress Hill, Resurrection di Common e Check your Head dei Beastie Boys.

5) BEAT STREET

BEAT STREET è un film del 1984 diretto da Stan Lathan. Il film, come dicevamo prima, è considerato un cult movie del genere Hip-Hop Old School e della Break Dance, come i precedenti Style Wars e Wild Style, entrambi usciti nel 1983.

Dopo una campagna promozionale di proporzioni “Colossal,
con un docufilm esclusivo Amazon Prime,
una collaborazione speciale con la catena di fast food KFC,
una piazza intitolata a Gionata Boschetti,
finalmente l’uscita di “Famoso”,
il nuovo album di Sfera Ebbasta.

“Famoso – Sfera Ebbasta”

Sedici milioni di streaming nel giorno di uscita.
Rilasciato il 20 novembre, per Island Records,
è il disco italiano più ascoltato di sempre su Spotify nel giorno di uscita:
oltre 16 milioni gli stream complessivi
e l’album ha conquistato con i suoi 13 brani le prime 13 posizioni della Top 50 Italia e
tra le prime e nella global top 200.
Sin dal primo ascolto, un elemento in particolare sovrasta
e domina la struttura dell’album:
un mix di generi e stili, in cui la parte sonora letteralmente eclissa la parte testuale,
quasi ormai ininfluente nell’approccio all’ascolto di questo album.
I testi sono al puro servizio del ritmo, non graffiano,
non dicono nulla di nuovo e di significativo, tranne qualche frase a effetto.
Inutile cercare profondità a tutti i costi in questo genere di musica,
la parte fondamentale per questo genere e i suoi sostenitori è l’immaginario che crea.
Infatti Sfera non ha mai nascosto il suo obiettivo
di diventare un artista di fama internazionale
ed il modo migliore per farlo è dando alla musica
un carattere totalmente internazionale.

È un album completo, c’è musica per quasi tutti i gusti.
Ha sicuramente una importante impronta Trap, in stile americano,
mischiando le sonorità pop con le batterie tipiche della Trap,
grazie anche alla partecipazione di colossi “Made in USA”,
come Future, Offset e il giovane Lil Mosey.
È anche Reggaeton con J Balvin, uno dei maggiori esponenti del reggaeton al mondo
e non poteva che venire fuori una hit.
Rap: perché nell’ultima traccia dell’album, “$€ Freestyle”,
Sfera rappa davvero, sicuramente non è il migliore a livello tecnico,
ma comunque cerca di dare una sua appartenenza al genere;
ci sono anche i due sovrani del Rap italiano Marracash & Guè Pequeno,
che danno sempre un ottimo contributo di tecnica e livello altissimo,
mantenendo il loro “Status“.
Famoso” è anche un album Dance,
perché Steve Aoki ha regalato a Sfera Ebbasta una base
sulla quale è impossibile tenere i piedi fermi.
E infine è molto Pop,
è un album di 13 tracce, e se non sono 13 hit da classifica, ci va poco lontano.

Time Square – New York

Il lavoro di produzione di questo album è il meglio in circolazione,
ogni base suona alla perfezione.
Le linee melodiche delle voci di ogni canzone si legano perfettamente ai beat,
entrando in testa con allegria, ed il brano “Hollywood“, prodotto da Diplo, è fantastico.
Ricorda molto l’immaginario da scuola superiore americana dei primi anni 2000.
Ma nonostante i nomi altisonanti presenti nella tracklist,
Sfera Ebbasta rimane assolutamente il protagonista dell’album.

https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2020/11/21/sfera-ebbasta-famoso-album-italiano-piu-ascoltato-di-sempre_fecf462f-393c-41f0-a411-fc1c8c591e55.html