Negli anni ’80, quando il Rap inizia a staccarsi dalle feste di quartiere
per prendere una forma tutta sua,
grazie a mostri sacri del genere come Run DMC e LL Cool J
si iniziano a delineare i capisaldi della moda Hip Hop:
una carica di influenze provenienti dallo stile disco alla break dance
passando per l’attivismo.
Si iniziano ad indossare tute Adidas
con l’immancabile tripla striscia e appariscenti gioielli.
L’uniforme del rapper si arricchisce di accessori costosi
o rubati al mondo dello sportswear:
tra i must in questi anni figurano i cappellini da baseball New Era e i bucket hat,
gli anelli multifinger che formavano messaggi come “Love/Hate“,
enormi catene dorate, scarpe enfatizzate dai maxi lacci o portate direttamente senza.
Ma soprattutto, cambiano le proporzioni.
Se prima erano accettate anche silhouette più aderenti,
adesso i volumi diventano oversize, quindi sì a pantaloni baggy,
t-shirt e felpe molte taglie più grandi.
Il Rap dipinge immagini nitide delle vite ai margini, spaccati di una realtà cruda,
abbandonata dalle istituzioni e segnata dalla frustrazione per un sistema corrotto,
dalla povertà e al contempo da un bruciante desiderio di riscatto sociale,
per questo motivo anche gli indumenti possono rappresentare una rivalsa
per chi ha vissuto una vita in balìa del precariato e della povertà.

Gli anni ’80 sono un importante punto di svolta nel rapporto tra Rap e moda
anche per l’imponente proliferazione di brand
nati appositamente per soddisfare la scena Hip Hop:
è il caso di FUBU, leggendario marchio di abbigliamento creato da Daymond John,
oggi tra i più importanti investitori d’America.
FUBU nasce come un manifesto della black culture
e fa riferimento direttamente a chi si fa portavoce di quest’identità.
Il brand già da subito puntò a creare un legame empatico con il cliente
ed è per questo che funzionò in modo ottimale.
Tra cappelli, maglie e felpe, all’inizio degli anni ’90 il brand è un successo
e veste già tutti i rapper che contano, da Ol’Dirty Bastard agli NSYNC.

Nel 1982 nel mondo della moda inizia a farsi strada anche Dapper Dan,
che negli ultimi anni ha vissuto di nuova fama
grazie alla importante collaborazione con Gucci.
Tra i principali creatori dello stile Hip Hop, il designer aprì la sua boutique
nel cuore di Harlem, a due passi dal leggendario Apollo Theatre:
si trattava di uno spazio innovativo, aperto giorno e notte,
ventiquattro ore su ventiquattro.
È evidente come lo stile e la scelta degli indumenti da utilizzare
siano molto legate ai contesti storici vissuti in quel periodo.
Ciò nonostante questa evoluzione dello stile ha continuato a rivivere
fino ad oggi mutando forme e contenuti
attraverso l’uso delle piattaforme virtuali e dei social in particolare.
Ma mentre i rapper vecchia scuola andavano sempre di più verso lo stile classico
ed elegante (non era raro vederli in completi scuri, con giacca e cravatta),
nella scena odierna si trovano delle idee di moda decisamente più estreme e originali,
con accostamenti bizzarri e una certa ossessione per alcuni brand

La Trap, ad esempio può essere definita la variante contemporanea del Rap.
Ha basi elettroniche cupe e testi dilatati.
L’aspetto musicale è quasi secondario nel caso di questo genere.
E’ il tipo di mondo che si rappresenta
ed il personaggio che si interpreta
a farla da padrone,
ecco perché sono così importanti vestiti, scarpe, tatuaggi, capelli e accessori.

Se prendiamo come esempio uno dei più famosi in Italia,
Sfera Ebbasta, e guardiamo cosa indossa,
viene fuori un elenco lungo e curioso:
Gucci, Supreme, Nike, Yves Saint Laurent, Versace, Vans,
Adidas, Stella McCarteney, MSGM, Alpha Industries e potremmo continuare a lungo.
In una delle sue performance (al concerto del Primo Maggio) esibiva ben due Rolex,
ma anche un tanto improbabile, quanto fashion, marsupio molto stile anni ’80.

Il mix che ne viene fuori vede elementi streetwear, da rapper,
assieme a tocchi fashion di chi vuole esibire brand del lusso,
in stile swag, è uno stile difficile da definire ed interpretare
che possiamo capire solo se riusciamo ad integrarlo a tutto il contesto
legato ai vari social (Facebook, Instagram, TikTok).
Quindi scarpe Vans, ma con accessori Gucci, occhiali Versace e pantaloni Adidas,
elementi eleganti abbinati a capi per niente eleganti,
ma con un tocco eccentrico, e tutti insieme convivono
in uno stile che trova le sue influenze praticamente ovunque.

Dove i rapper non erano arrivati, ci sono arrivati i trapper:
Tatuaggi su tutto il corpo, anche e soprattutto sul volto,
la lacrima tatuata sotto l’occhio, le scritte “Hate” o “Love”,
pugnali, teschi, cuoricini, anche qui va bene tutto,
l’importante è esagerare.
treccine colorate, boccoli, rasature decorative e tinte oltraggiose e provocatorie. Questo lo stile della nuova scena.

L’estetica è quella dello spacciatore che ha fatto i soldi
e che si è riscattato fino al punto da non avere più bisogno di spacciare.
Il mondo che si racconta è quello:
cupo, drogato, ossessionato da moda e soldi, giovane e un po’ nichilista.
Un tipo di estetica che non poteva non piacere alla moda, e viceversa.
Parliamo di un mondo che vive su delle contraddizioni perenni
dove i giovani sono costantemente vittime dei disagi sociali
provocati da una società che tende deliberatamente
a tagliare fuori qualsiasi tipo di individuo.
Questo sistema esclusivo” piuttosto che “inclusivo
fa si che le nuove generazioni cerchino in tutti i modi di sfuggire
a determinati disagi sociali attraverso la musica e la moda,
esprimendo il loro totale disappunto verso il mondo che li circonda.

Il Rapper parla alle nuove generazioni
con un linguaggio crudo, semplice e immediato.
Il Rap ha avuto un forte impatto sulle nuove generazioni
che sentono e hanno voglia di esprimere un disagio interiore e sociale
e questo genere è un ottimo mezzo per comunicare e urlare
quello che non ci piace nella società.

La maggior parte dei Rapper sono persone che hanno vissuto un percorso difficile
ed hanno trovato nella musica uno strumento efficace per sfogarsi,
per superare i loro problemi, per esprimere i loro disagi.

July 1993

Non solo, riescono anche a leggere la società con tutte le sue contraddizioni.
I loro testi, le loro parole non hanno mezze misure.
Loro non vogliono essere poetici, ma vogliono lanciare messaggi,
in cui credono veramente,
in modo semplice e immediato, anche se molto spesso crudo.
Spesso dietro la loro immagine da arroganti e il loro stile sportivo o trasandato
si nasconde una grande sensibilità nel capire i disagi delle persone.

Di seguito una lista di libri sui Rapper
che hanno saputo distinguersi e ritagliarsi un posto nel mondo della musica.

1) Dietrologia. I soldi non finiscono mai di Fabri Fibra

2) Zero di Sfera Ebbasta

3) Sono io Amleto di Achille Lauro

4) Guérriero. Storie di sofisticata ignoranza di Gué Pequeno

5) Il tocco di Mida di Don Joe

6) Barre. Rap, sogni e segreti in un carcere minorile di Francesco Kento Carlo

7) Consigli a me stesso. I miei 2 centesimi di J-Ax

8) La profezia di Clementino. Quel che ho sognato tra Sud e Rap di Clementino e Diego Nuzzo

La cosiddetta lean è una droga semplice e a basso costo
e oggi spopola tra i giovanissimi
galvanizzati dall’immaginario della musica Trap.
Quali sono gli effetti della codeina?
Per ottenere la lean è sufficiente una bottiglia di Sprite
e una confezione di sciroppo per la tosse.
Si tratta di pochi euro per una droga che spopola tra i giovani,
coinvolti più che mai dal vortice della Trap.
Ti sei mai chiesto, però, quali sono gli effetti della codeina?
L’immaginario Rap si intreccia da sempre con la droga,
oggi il mondo Rap si tinge di viola ed è dolce come Sprite.
Citiamo Crystal Ball (Dark Polo Gang), Sciroppo (Sfera Ebbasta)
oppure Wave (Drefgold), ma ci sono tantissimi esempi alla mano.
Qualche giovane all’ascolto ne sente parlare,
ma forse non sa cos’è la codeina
e che effetto fa la lean.
Ecco, questa è solo una delle domande a cui vogliamo dare risposta,
per concentrarci soprattutto sui rischi che comporta
un uso improprio, immotivato e sconsiderato di talune sostanze per la salute.

Cos’è la lean (purple drank)?
Partiamo dalla definizione: cos’è la lean?
Si tratta di una bevanda ottenuta
unendo la Sprite allo sciroppo per la tosse,
che contiene appunto codeina e prometazina.
Ha molteplici nomi,
è conosciuta anche come dirty sprite, purple drank e purple jelly
per il suo aspetto violaceo e quella parvenza gelatinosa.
Che effetto fa bere lean?
Lo stesso di un sedativo.

Cos’è la codeina?
La codeina è un analgesico oppioide,
deriva direttamente dalla morfina
di cui condivide quasi per intero la sua struttura chimica.
La codeina, così come la prometazina,
è un componente che si presta a diverse formulazioni:
compresse per uso orale come antidolorifici (codeina e paracetamolo)
o anche come preparati iniettabili
per contrastare fenomeni allergici importanti (prometazina).

Quanto costa la purple drank?
Con un paio di euro porti a casa una bottiglia di Sprite
e con pochi altri puoi comprare lo sciroppo.
Nella vicina (e dunque gettonata) Svizzera
pare sia possibile acquistare una confezione di Makatussin senza ricetta.
In Italia sono molto diffusi anche la Paracodina,
sciroppo a base di diidrocodeina
(praticamente identica alla codeina,
stessi effetti farmacologici e collaterali),
e Bronchenolo, sciroppo a base di destrometorfano
(un altro oppioide, vale quanto già detto).
In Italia non è consentita la vendita senza prescrizione medica.

Come si usa la codeina (in modo corretto)
La vera domanda allora è: quando viene prescritta e in che modo?
Quali sono i benefici per l’organismo che assume codeina in modo corretto,
secondo direttiva medica?
La codeina è un agente terapeutico
usato sostanzialmente nel controllo del dolore medio o acuto
(ad es. come antidolorifico postoperatorio),
molto spesso associata a FANS
(Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei, come Ibuprofene o Moment, per intenderci)
o Paracetamolo che sono presenti nella formulazione
in quantità decisamente maggiori rispetto alla codeina stessa.
Il contenuto di codeina in questi casi è molto basso,
ma il suo effetto si somma a quello del FANS a cui è associata,
riducendo i rischi di tossicità tipici degli oppioidi ad alte dosi.
Altrimenti può essere utilizzata in sciroppi per la tosse
(uno degli effetti degli oppioidi è quello di alterare le funzioni respiratorie,
un effetto che però può portare al collasso respiratorio a dosi molto alte,
certamente non consigliate né dal proprio medico né dal bugiardino del farmaco).

Gli effetti della codeina usata impropriamente
Altra domanda: quali sono allora gli effetti di Sprite e Codeina assunta così a caso? Quali sono, dunque, gli effetti della codeina usata fuori contesto?
Possono essere variabili e strettamente dipendenti dalla dose di codeina assunta. Certamente chi prepara un purple drank
non fa molto caso al dosaggio di codeina assunta.
Di certo si può dire che gli analgesici oppioidi
sono farmaci con i quali non bisogna scherzare:
le cause più frequenti di morte sono, come citato di sopra,
collassi respiratori dovuti dalla depressione
esercitata dall’oppioide sui centri della respirazione nel bulbo a livello del SNC (Sistema Nervoso Centrale),
un effetto che come sempre per gli oppioidi è dose-dipendente.
Gli effetti derivanti da un utilizzo cronico e sconsiderato
sono ancora più spinosi e comprendono la comparsa di assuefazione al farmaco
(la stessa dose assunta precedentemente
provoca effetti farmacologici inferiori con l’uso cronico della sostanza)
e sviluppo di dipendenza fisica.
Lo sviluppo di dipendenza porta inevitabilmente alla comparsa
di crisi di astinenza che si manifestano
come nervosismo, apatia, insonnia correlate a tachicardia e sudorazione.
Se ci pensi questi sono tutti effetti contrari a quelli generati dagli oppioidi,
che invece portano a sedazione, euforia e diminuzione del lavoro cardiaco.

Come smettere
Purtroppo se un individuo ha sviluppato dipendenza,
interrompere bruscamente l’assunzione di un oppioide non è mai una buona idea, motivo per cui si da il metadone agli eroinomani che devono ripulirsi.
Infatti si rischia che l’individuo si trovi in crisi d’astinenza
con tutti i pericoli sia di salute che sociali che ne derivano.
Sembra strano e anche quasi infattibile,
ma la soluzione migliore sarebbe quella di interrompere gradualmente
l’utilizzo assumendo quantità di farmaco via via inferiori.
Così facendo si da il modo all’organismo di normalizzarsi
ed abituarsi ai nuovi cambiamenti che riguardano i recettori degli oppioidi,
evitando così la comparsa dei sintomi legati alla crisi d’astinenza.

Conclusioni
Un uso improprio può portare (anche) alla morte.
Scritta così sembra una esagerazione da click baiting,
in realtà le cose stanno diversamente
e l’obiettivo del nostro articolo è proprio quello di chiarire le cose
cercando di sensibilizzare.

Con “No Bodyguard FreestyleANNA ha dimostrato,
ancora una volta,
di avere tutte le carte in regola
per diventare un punto di riferimento del rap italiano.

Tre anni fa, in giro per l’Italia risuonava un solo pezzo: BANDO.
ANNA aveva solamente 16 anni,
ma le sue rime su quel beat house diventato iconico
non passarono inosservate.

Il resto, lo sappiamo, è storia,
ma un successo così immediato ha delle conseguenze.
Gli occhi del pubblico e della scena erano tutti puntati su di lei:
c’era chi l’amava, si,
ma anche chi si chiedeva quando sarebbe crollata questa meteora.

Tante le aspettative, troppa la pressione,
ma dopo tre anni ANNA ha saputo mettere tutti a tacere.
Avrebbe potuto sfruttare l’hype a suo vantaggio, invece,
proprio nel momento in cui tutti le chiedevano di più,
ha deciso di rallentare e lavorare,
riuscendo così a imporsi
come una delle figure di spicco della nuova scena del rap italiano.

Il suo talento al microfono è evidente:
dai beat house, al sound reggaeton, dalle basi trap a quelle più classiche,
non sembra esistere un suono che non si sposi con la sua voce.
Quando rappa accanto ai pesi massimi della scena,
come nel caso di “Cookie’s N Cream“,
riesce sempre a lasciare la sua impronta,
come se facesse questa roba da una vita.

La carriera di Guè Pequeno potrebbe benissimo parlare da sola,
anche senza l’ascolto di Mr Fini,
disco pubblicato lo scorso 26 giugno 2020 e che farà sicuramente discutere
(forse molto più delle sue ultime dichiarazioni, tra razzismo ed abbigliamento da donna) tutti gli appassionati del genere.
L’artista milanese mancava dalle scene da settembre 2018: un’eternità per chi era abituato a sfornare un album a cadenza annuale.
Sinatra era un mash-up di generi, un disco che ha ampiamente risentito della iper-produttività di un artista che sentiva il bisogno di staccare; dopo essere salito sulla giostra del rap italiano quasi dieci anni fa (senza contare la carriera coi Dogo, iniziata addirittura nel secolo scorso) era normale auspicare un periodo di stop.

Mr. Fini: 17 tracce, 17 fotogrammi di un film.
Se volessimo paragonarlo all’universo cinematografico è immediato l’accostamento a The Irishman di Martin Scorsese, ennesimo capolavoro nella filmografia di uno dei registi più influenti degli ultimi quarant’anni.
Un disco lungo, intenso, proprio come il film di Scorsese, in cui Guè Pequeno toglie la maschera da spaccone e svela lati di sé finora inediti.
Un continuo oscillare tra i classici cliché del rap-game e pezzi più intimi, sperimentando e variando molto a livello sonoro: Mr. Fini potrebbe essere un degno successore di Vero, disco diventato caposaldo nella discografia solista di Guè.
E non solo per la cover, che già si preannuncia come sequel di quell’album.

Sin da L’amico degli amici, Guè ci catapulta nel mood del disco: a parlare sono le barre, e le barre raccontano storie di vita vissuta.
L’incalzare del flow è un crescendo continuo di rimandi ai soldi, alla figa ed ai classici topic del rap.

Mi appello come sempre all’articolo quinto
Ovvero chi c’ha i soldi ha vinto…
Togli il cappello quando G è nel building
Io compro opere d’arte, tu gli streaming

L’abilità di Guè è quella di alternare le sue molte anime, che con lo scorrere del disco accontentano sia i puristi del rap che la nuova fanbase avvicinatasi solo recentemente. Si passa da pezzi più conscious e letterari come Il tipo, figura mitologica che vive nell’ombra ma che tutti conoscono, a ballad come il singolo Saigon.
La prima parte del disco si chiude con 25 ore, per poi inoltrarci nel core dell’album, dove sono racchiusi quasi tutti i feat.
Cosa balza all’occhio?
Sicuramente Immortale con Sfera, cui è stato affidato solo il ritornello: un pezzo cupo, malinconico, in cui Guè affronta anche l’eventualità (mancata) di diventare padre, concludendo che è stato meglio così.

Medellin ci lascia l’ennesima strofa ineccepibile di Lazza,
Cyborg l’ottima connessione NA-MI.
Sino all’epilogo del disco, i titoli di coda: Ti levo le collane con la next big thing Paky, dimostrazione che a fare le trappate Guè resta uno dei migliori,
Stanza 106 e Ti ricordi?.

Sono tante le atmosfere create ad hoc per questo colossal e molte le teste chiamate a lavorarci.
L’ormai fidato 2nd Roof la fa da padrone, firmando metà delle produzioni del disco, campionando Carmen Consoli con L’ultimo Bacio ne Il Tipo,
ma variando molto coi suoni, sino alle atmosfere cupe dei brani più intimi del disco, Immortale e Stanza 106.
Low Kidd ritorna in America Latina (era suo il beat di Sparare alla luna di Salmo e Coez, col concept ispirato a Narcos) curando il beat di Medellin, mentre ai super-premiati Takagi&Ketra è da attribuire Tardissimo.
Non manca nemmeno il pezzo a tinte reggaeDem Fake, o quelli più spudoratamente rap.
Curiosità: in Ti levo le collane torna quel ritmo ipnotico che ricorda vagamente Buonanotte, pezzo di Emis Killa contenuto in Terza Stagione,
sempre realizzato da 2nd Roof.

Come per Vero, anche questo Mr. Fini ha un taglio molto cinematografico, l’intento è chiaramente quello di raccontarci delle storie, degli scorci della vita di Guè.
Ne è l’esempio perfetto Giacomo, storytelling su un novello Tony Montana che parte dal suo quartiere con ambizioni di prendersi il mondo.
Ma sono tantissimi i rimandi cinefili, più o meno evidenti.
Già nel primo pezzo viene citato Russell Bufalino,
il boss mafioso interpretato da Joe Pesci in The Irishman.
In Chico il ritornello da Rose Villain è una delle frasi più iconiche di Scarface.

La stessa Saigon è uno dei luoghi culto per il cinema di genere, viene subito in mente Denzel Washington in American Gangster che viaggia per ore su un aereo per andare a rifornirsi di eroina direttamente tra i campi vietnamiti.
Insomma, come detto da Guè, l’album va inteso come un film, e lui stesso ce lo fa capire con un immaginario notevolmente influenzato dai suoi registi preferiti.