Per chi ama produrre musica, registrare brani e comporre canzoni uniche,
capire come funziona un equalizzatore audio
e qual è il migliore per le proprie esigenze di Home Studio è essenziale.
Certo, probabilmente si ti occupi già di produzione
avrai già avuto modo di lavorare con qualche EQ,
magari sotto forma di plugin per la tua DAW.
Tuttavia, se vuoi dare il meglio
e trasformare la tua passione in una carriera professionale
devi comprendere il funzionamento di questi strumenti.
L’equalizzazione delle proprie tracce può fare la differenza
tra un brano discreto e una hit di successo.

C’è una buona notizia però:
una volta appresa la teoria potrai applicarla a tutti gli strumenti in commercio,
a prescindere dal genere che suoni.
Dedicando 10 minuti del tuo tempo allo studio della teoria del suono
costruirai solide basi per poter crescere come professionista
ottenendo il successo che meriti.

Cos’è un equalizzatore?
Le 5 tipologie

Gli equalizzatori sono uno strumento fondamentale
per manipolare un segnale audio (insieme ai Filtri).
In sostanza un equalizzatore è un circuito (o un software digitale)
che può amplificare o attenuare uno specifico insieme di frequenze
lasciando tutte le altre inalterate.
In pratica l’equalizzazione è quel processo
che ti permette di valorizzare o nascondere una parte dello spettro sonoro
che compone i tuoi brani.
L’obiettivo è molto semplice:
dare la giusta importanza alle frequenze della tua traccia,
riducendo gli elementi indesiderati.
In tutto esistono cinque tipologie di equalizzatore audio:

Equalizzatore a campana
Equalizzatore a scaffale
Equalizzatore parametrico
Equalizzatore grafico
Equalizzatore attivo o passivo

Cosa fa un equalizzatore?
I nomi delle frequenze

Abbiamo visto che lo scopo principale di un equalizzatore
è quello di lavorare sulle frequenze che compongono la tua musica.
Per comodità, nel tempo si sono affermati una serie di nomi
per indicare dei range predefiniti.
Non devi saperli a memoria,
ma siccome si usano spesso è una buona idea almeno leggerli una volta.
Di seguito trovi i nomi più diffusi e la frequenza al centro del range che indicano:

Bottom End, con centro a 63 Hz
Bottom Thump, con centro a 125 Hz
Fullness (o Mud), con centro a 250 Hz
Honk, con centro a 500 Hz
Whack, con centro a 1 kHz
Crunch, con centro a 2 kHz
Edge, con centro a 8 kHz
Sibilance, con centro a 8 kHz
Air, con centro a 16 kHz

Come usare un equalizzatore audio in home studio?

Come promesso, la parte teorica è stata davvero stretta,
adesso è arrivato il momento di darti qualche consiglio utile
per creare suoni in modo consapevole:
ora che sai ciò che stai facendo,
sta solo alla tua creatività riuscire a ottenere un risultato piacevole.
Ricordati però che per lavorare un brano in modo professionale
servono anni di esperienza alle spalle,
quindi non ti scoraggiare se i tuoi primi risultati
sembrano registrati all’interno di un capannone industriale o al centro di un tornado.

Cerca anche di dedicare tempo alle altre fasi dell’ingegneria del suono,
a cominciare dalla incisione.
L’equalizzazione non fa miracoli,
se la tua scheda audio per registrare non è di qualità,
parti già svantaggiato dall’inizio.
Per qualsiasi fase del mixaggio e della catena di mastering
troverai indicazioni pratiche all’interno di questo blog.
In alternativa puoi iscriverti alla newsletter.
Ma ora passiamo a qualche consiglio pratico
per utilizzare al meglio il tuo sistema di equalizzazione audio.

Consigli per una equalizzazione audio professionale

Vediamo insieme le risposte alle domande più frequenti sulla scelta
e sull’utilizzo di questo strumento,
così vitale per creare una musica professionale, piena e piacevole.

Equalizzatore audio analogico o digitale?

La risposta a questa domanda potrebbe prendere articoli interi,
ma la verità è che la maggior parte dei musicisti in erba non ha scelta:
utilizzare il formato digitale integrato nella tua DAW (oppure un componente plugin)
è l’unica soluzione economicamente accettabile.
Ovviamente non otterrai i risultati come se fossi nello studio di una casa discografica,
ma intanto inizierai a migliorare le tue qualità come musicista.
Tuttavia, se hai la possibilità di scegliere
ti consigliamo di impiegare un software digitale
quando sei alla ricerca di precisione e pulizia,
mentre se vuoi caratterizzare meglio il tuo sound
puoi affidarti a uno strumento analogico.

Equalizzare canali audio singoli o segnale master?

Altro dubbio che può assalire i principianti riguarda l’editing multicanale,
come un possibile equalizzatore inserito direttamente sul canale del master.
Diciamo che è una soluzione percorribile,
anzi spesso può essere l’ideale se, ad esempio, la tua strumentazione per registrare
ha evidenti lacune su specifiche frequenze.
Tuttavia, ti svelerò un segreto:
non devi lavorare ogni traccia che inserisci nel tuo programma per mixare musica,
a volte è molto meglio tenere la postproduzione al minimo,
specialmente se non sei certo di quello che stai facendo.
Quindi, se devi fare una modifica che vale per tutte le tracce,
falla pure sul canale del master.
Ma se vuoi un lavoro di precisione devi considerare i canali singoli.

Cut o Booster? Qual è la soluzione migliore?

Basandoci su quello appena detto nel paragrafo precedente,
l’errore più frequente è aumentare a dismisura le frequenze
che appaiono più importanti.
In realtà, la scelta migliore non sarebbe concentrarsi sul booster,
ma preferire il cut.
In pratica è molto meglio tagliare le frequenze indesiderate o almeno attenuarle,
invece di alzare quelle che ricercavi.

Quale equalizzatore usare nel mio home studio?

Parliamo esclusivamente di equalizzazione audio digitale per home recording:
prima di impazzire per scegliere la soluzione più adatta,
prova l’equalizzatore nativo della tua DAW.
Qualora quest’ultimo non fosse in grado di soddisfare le tue esigenze,
in un precedente articolo abbiamo trattato quali sono i migliori plugin VST da implementare.
Troverai anche indicazioni su EQ di alto livello.

Come ultimo appunto, ti consiglio di non rimanere con le mani in mano.
Anche se la postproduzione è un argomento che spaventa i neofiti,
se non inizi ora non imparerai mai.
Inoltre, ricordati che se vuoi distribuire la tua musica
è molto meglio dedicare del tempo a mixaggio e al mastering
per avere più probabilità di successo.

Il compressore è un processore che agisce sulla dinamica di un segnale audio, intervenendo in attenuazione sui picchi massimi del segnale.
In parole semplici, il processore agisce riducendo l’ampiezza
di una porzione di segnale che supera una certa soglia (impostata).
Riducendo i picchi massimi del segnale, ma lasciando inalterato il livello in dB,
i picchi minimi saranno più udibili,
in questo modo la dinamica del segnale risulterà ridotta.
La finalità di questo strumento non è solo di comprimere la dinamica del segnale,
ma anche quella di “enfatizzare” i dettagli del suono
nascosti nei picchi minimi del segnale.
Il compressore agisce in base al livello di tensione in ingresso,
può lavorare in due modalità diverse:

Peak:
Il compressore ha una risposta ai picchi di segnale,
quindi lavora esattamente in base all’ampiezza del segnale in ingresso.

RMS:
Il compressore ha una risposta al RMS (Root Mean Square),
quindi lavora in base al valore efficace (≅70% dei picchi),
quindi ha un andamento che produce meno scatti.

Andiamo ora ad analizzare e comprendere i parametri principali del compressore.

THRESHOLD (SOGLIA)
Si esprime in decibel (dB).
E’ il parametro che ci permette di decidere la soglia sopra la quale
il segnale inizia ad essere attenuato, quindi compresso.
Sotto la threshold non avviene nessun intervento, il segnale rimane invariato.
Più il valore della threshold è basso e più ci sarà intervento
da parte del compressore sul segnale.

RATIO (RAPPORTO)
Si esprime con un rapporto N:1.
E’ il parametro che agisce sulla quantità di riduzione di ampiezza
al di sopra della soglia.

Alcuni valori tipici sono:

1:1 Non c’è compressione (bypass).
2:1 Il valore di ampiezza (dB) viene dimezzato.
(es. il segnale supera la soglia di 10 dB, quindi verrà attenuato a 5 dB sopra la soglia)
3:1 – 4:1 Il valore di ampiezza viene attenuato di 2/3 – 3/4.
(es. rapporto 3:1, il segnale supera la soglia di 3 dB,
quindi verrà attenuato di 2 dB, l’attenuazione risultante è di 1 dB sopra la soglia
)
≥10:1 Il compressore si comporta quasi come un limiter.
∞:1 Attenuazione massima, il segnale non va oltre la soglia (limiter).
In linea di massima, più è alto il valore N del rapporto
e più sarà “pesante” l’intervento.

Il valore della ratio ci da la curva di compressione.

GAIN MAKE-UP (GUADAGNO)
Si esprime in decibel (dB).
Generalmente chiamato Output,
è il parametro che permette di regolare il guadagno sul livello del segnale in uscita.
Permette di recuperare gli eventuali dB persi nell’intervento di compressione,
dando modo di riportare al livello in ampiezza originale il segnale audio trattato.

ATTACK (ATTACCO)
Si esprime in millisecondi (ms).
E’ il parametro che permette di impostare il tempo in cui,
dopo che il segnale supera la soglia,
il compressore passa dal rapporto (ratio) 1:1 al rapporto impostato (N:1).
Ritardando l’intervento del compressore vengono mantenuti i transienti istantanei
(Attack dell’ADSR), in modo che questo picco iniziale non venga attenuato,
iniziando ad agire successivamente,
attenuando progressivamente il segnale sopra la soglia.
E’ molto utile nel caso di compressione delle percussioni,
caratterizzate da transienti istantanei molto veloci.
In parole semplici, tramite l’attack,
viene impostato un ritardo sull’intervento del compressore.

RELEASE (RILASCIO)
Si esprime in millisecondi (ms).
E’ il parametro che permette di impostare il tempo in cui,
dopo che il segnale scende sotto la soglia,
il compressore passa dal rapporto (ratio) impostato (N:1) al rapporto 1:1.
E’ utile per controllare l’ampiezza della coda del segnale,
omogeneizzandola all’azione del compressore sopra la soglia di intervento.

KNEE (CURVA DI COMPRESSIONE)
Si esprime attraverso un numero N.
E’ il parametro che permette di scegliere l’inclinazione della curva di compressione.
In pratica permette di rendere l’intervento del compressore più “dolce” o più “duro“.
Se la curva è dolce (Soft Knee), più sarà l’intervento del compressore graduale, iniziando l’intervento prima che il segnale raggiunga la threshold (soglia) impostata,
rendendo i risultati più naturali.
Se la curva è dura (Hard Knee) l’intervento del compressore è istantaneo
dalla threshold impostata,
rendendosi utile in casi in cui si hanno transienti molto veloci.

STRUTTURA DEL COMPRESSORE
In maniera generale possiamo strutturare il compressore per blocchi:
VCA: è il modulo che effettua la compressione.
Detector: è il circuito che analizza i picchi di segnale,
riconoscendo quali sono quelli che superano la threshold (soglia),
inviando un segnale di controllo al VCA per la compressione.
Gain Make-Up: è il modulo che permette di effettuare un guadagno
sul segnale in uscita, recuperando i dB persi durante la compressione.

PERCORSO DEL SEGNALE
Il segnale in ingresso al compressore viene separato (split) e inviato al detector,
che analizza il segnale sopra la soglia, e al VCA.
Il detector comanda il VCA che comprimerà il segnale in base ai parametri impostati.
Successivamente il segnale in uscita dal VCA andrà al Gain Make-Up
che amplificherà il segnale in uscita in base al parametro impostato.
In alcune tipologie di compressore obsolete il segnale in ingresso non viene splittato,
ma inviato al detector direttamente dal VCA (Feed-Back).

KEY INPUT
Il Key Input è un ingresso, attivabile da un interruttore on/off,
posto nel percorso che va al detector.
Inserendo una sorgente diversa nel detector è possibile far lavorare il compressore
secondo il livello della sorgente esterna e non più della sorgente in ingresso.
Un chiaro esempio di utilizzo è quello della compressione del basso
in base alla cassa (Kick) della batteria.
Spesso i due segnali, aventi frequenze simili, si sovrappongono.
Quindi viene compresso il segnale del basso in base al livello del segnale della cassa,
rendendo il mix risultante più distinto.

SIDE-CHAIN
Il Side-Chain è un’ingresso insert posto nel percorso che va al detector.
E’ un ingresso Insert che permette di deviare (send) il segnale inviato al detector
in un processore esterno, per poi farlo tornare (return) verso il detector.
In questo modo si riesce a trasformare il segnale originale inviato al detector.
Questo metodo è molto utile nel caso in cui si vuole comprimere
solo una certa banda di segnale, utilizzando un processore di spettro
che filtra il segnale, lasciando invariata la banda da trattare.
Oppure enfatizzando una certa banda,
portandola sopra la soglia per comprimere solo quella (es. De-Esser).
Può essere anche utilizzato come Key Input inserendo solo la sorgente nel return.

TIPI DI COMPRESSORE
In base alla tecnologia utilizzata per i circuiti interni,
esistono varie tipologie di compressore.
La scelta del tipo di compressore da utilizzare va dalla componentistica
al “colore” del suono risultante,
passando per parametri come velocità, larghezza di banda e fedeltà
(naturalezza) del risultato.

Vediamo i più caratteristici cercando di analizzare le differenze.

VCA
Nei compressori VCA il segnale passa attraverso dei circuiti a stato solido (transistor).
E’ la tipologia di compressori più diffusa per via di un basso costo
ed occupano poco spazio,
pur mantenendo una qualità, velocità e larghezza di banda ottima.

FET
I compressori FET sono molto simili ai VCA,
il segnale viene trattato sempre da transistor,
ma da una particolare tipologia chiamata FET (Field-Effect Transistor).
La caratteristica che li distingue dai VCA è la velocità di risposta,
molto più veloce, che li rende adatti a segnali audio
con transienti molto veloci (percussioni).

VALVOLARI
In questo caso, nei compressori valvolari, al posto dei transistor,
vengono utilizzate le valvole.
La valvola è l’antenato del transistor, infatti è una tecnologia alquanto datata,
ma che viene mantenuta ed utilizzata sopratutto per il “colore
che le valvole danno al segnale risultante.
La “pecca” è che sono molto ingombranti.
I modelli di compressori valvolari variano anche
per il numero di valvole poste nel circuito.
La velocità risposta del compressore è molto lenta,
infatti non sono adatti a segnali con transienti veloci.

OPTO
L’azione del compressore Opto non è data dal segnale audio in ingresso
come per gli altri, bensì dall’intensità di luce in ingresso.
Capiamo meglio:
l’intensità del segnale in ingresso viene convertita in segnale luminoso
emesso da un LED e captato da un fotoresistore o fotodiodo.
L’intensità della luce emessa dal LED è proporzionale all’intensità del segnale audio.
Quindi, più luce riceve il fotoresistore o il fotodiodo,
più il segnale in uscita viene compresso.
La velocità di risposta del compressore Opto è molto dolce (Soft Knee),
rendendo la compressione più naturale.

CONCLUSIONI
A questo punto dovresti conoscere ogni dettaglio di un compressore,
quindi puoi iniziare ad usarli avendo piena coscienza di cosa stai facendo.

Spero che questo articolo ti possa essere stato d’aiuto.
Se ti sono venute in mente delle domande, scrivici nei commenti!