A differenza di gran parte della musica di largo consumo,
il Rap non viene suonato da strumenti musicali nel senso tradizionale del termine:
al posto di chitarre, basso e batteria,
viene utilizzato il campionatore, una macchina, o un software,
in grado di registrare frammenti da dischi,
CD o da qualsiasi tipo di fonte audio e di cucirli insieme
creando i tappeti musicali sui quali i rapper articolano le proprie rime.
L’approccio compositivo non è, quindi, quello del musicista,
ma quello del DJ.
Per creare le proprie canzoni si utilizza musica già registrata,
ricombinandola in modo originale.

Kool DJ Herc

Da genere di “nicchia” il Rap è riuscito a ritagliarsi uno spazio importante
anche all’interno della musica italiana in generale.
Perfino una manifestazione canora come Sanremo
negli ultimi anni ha ospitato diversi rappers.
Va certo ricordato che il Rap più crudo a Sanremo stonerebbe comunque un po’.
Le canzoni presentate vengono sempre addolcite, confezionate e infiocchettate
in modo da essere più facilmente accessibili ai milioni di telespettatori
dai gusti eterogenei e dalle orecchie poco abituate
a raffiche di rime a tempo di rullante
Nonostante la nuova diffusione del genere musicale Rap,
quando invece parliamo di Hip Hop ci rendiamo conto che questa “cultura musicale
riguarda ancora un pubblico minore, ma pur sempre fedelissimo alla causa. 
La prima espressione che abbiamo conosciuto,
di quella che avremmo poi scoperto essere la cultura Hip Hop, è il Writing.
O meglio: le lettere giganti ed intrecciate
che vedevamo nascere sui muri della nostra Città,
sui vagoni dei treni locali e sotto i porticati delle case popolari
dove giravamo negli anni 2000.


L’eccessivo purismo dell’epoca ha individuato negli Articolo 31 e nei Sottotono
i principali capri espiatori, colpevoli di aver portato la musica al grande pubblico,
guadagnando anche del denaro, cosa inammissibile per la mentalità dell’epoca.
L’underground contro il commerciale è stato un tema caldo
fino ai primi anni del 2000.
In quegli anni, essere additati come “Sucker“, anche solo per gioco,
era il peggior insulto che un B-boy potesse ricevere.
All’epoca esistevano regole rigide che erano improntate su determinati valori
che risultavano essere fondamentali per il rispetto di quella cultura musicale.
 Il vero MC, inteso come “Maestro di Cerimonia
doveva avere delle caratteristiche ben precise.
La componente del messaggio è fondamentale,
così come la ricerca di uno stile personale, di una firma,
possedere un senso spiccato di intrattenimento, avere flow, metrica, rime originali.

Le discipline Hip Hop possono essere intese metaforicamente come uno sport,
dato l’elemento competitivo,
se pensiamo al breaking difficilmente si può parlare di una metafora.
Il breaking infatti è un’impegnativa attività fisica
che collega l’abilità tecnica e la forza muscolare del ginnasta,
unita alla sua tensione agonistica, con l’espressività della danza,
il tutto condensato in coreografie, similmente alle scritte elaborate dai writers,
destrutturate e sinuose allo stesso tempo.
Evolutasi come disciplina quasi esclusivamente maschile,
il breaking consente di dar sfogo al bisogno di esprimere la propria corporeità,
di metterla alla prova, mostrarsi e mostrare la propria forza fisica
valore molto sentito in tutte le culture di strada
in un contesto dove l’aggressività si relaziona inaspettatamente
con l’armonia ed il ritmo, la forza si modella e diviene forma,
dove il gesto violento si trasforma in comunicazione,
dove esercitandosi a dare forma al proprio corpo,
si attivano processi di cambiamento profondi.
Un altro importante aspetto del breaking è il fatto che sia una disciplina
praticata in strada, sia nei momenti di allenamento sia in quelli di esibizione.
Per gli adolescenti ciò li porta a rapportarsi in un modo inedito al contesto urbano.
La strada è luogo abituale di ritrovo,
protagonista di importanti momenti di svago e socialità

Le quattro discipline che constituiscono l’Hip Hop
e che hanno sviluppato nuove forme
pur restando sempre fedeli a determinati valori
sono fondamentali per la creazione di nuovi modelli musicali
a cui oggi si ispirano anche i veterani della musica Pop italiana.

I produttori di musica Rap, nella tradizione del djing Hip Hop,
utilizzano come materia prima per le proprie creazioni
i dischi ed i suoni che li circondano e che meglio conoscono
perché caratterizzano o hanno caratterizzato la propria vita:
dalle canzoni dei genitori ascoltate durante l’infanzia ai propri musicisti preferiti.
Rielaborando questi suoni, il produttore Hip Hop ripercorre la propria identità
ed il cut up, la tessitura meticcia che risulta nel prodotto finito,
si rivela un importante strumento per rappresentarsi,
per avere una visione sinottica e in qualche modo strutturata
del proprio essere molteplice.
Per questi ragazzi costruire basi di musica Hip Hop,
elaborando e ricombinando elettronicamente tale panorama di suoni,
vuol dire ridefinire la propria identità e creare uno specchio
nel quale vedersi e contenersi
senza dover per forza scegliere chi essere in una logica di esclusione.
Si tratta di una differenza di processo che ne determina un’importante peculiarità
non solo dal punto di vista strettamente musicale:
comporre basi di musica Rap costringe gli autori a confrontarsi
con frammenti del proprio vissuto e della propria esperienza,
con approccio trasformativo.
E’ facile notare come ciò possa divenire significativo, in particolare,
per gli adolescenti figli di immigrati,
per i quali la musica ascoltata in casa è quella del paese d’origine,
mentre quella che si fruisce attraverso il personale iPod
è tipica del luogo di vita attuale.
Il genere Hip Hop unisce le persone, fonde culture musicali
e dà vita a qualcosa di nuovo e di unico.
Nasce e si afferma come strumento di protesta
nelle mani di tutti quei membri della società, che si sentivano incompresi
La trasversalità, è il lato che amiamo di più dell’Hip Hop, perché,
al di là di ciò che ogni tanto diventa nelle mani delle “persone sbagliate”,
è un genere che ci obbliga ad interessarci a tutti quei suoni
che l’hanno composto, elevato, distinto.

L’Hip Hop è, inoltre, un orecchio attento sulla condizione della gente,
è l’arte del toasting, è puro groove.

L’Hip Hop è nato nel quartiere del Bronx a New York 50 anni fa
e da un movimento di persone ignoranti e snobbate dal punto di vista creativo
è diventato un fenomeno commerciale e sociale
che ha portato a una rivoluzione nel mondo della musica,
della danza, dell’abbigliamento e del design.

Un traguardo significativo i cui sviluppi nel corso di cinque decadi
vengono esplorati attraverso oltre 200 fotografie
in mostra da Fotografiska su Park Avenue.
Hip Hop: Conscious, Unconscious‘ (fino al 21 Maggio 2023),
in collaborazione con la rivista Mass Appeal,
e curata da Sacha Jenkins e Sally Berman,
rispettivamente responsabile creativo e ex direttrice della fotografia della rivista, cattura tutti i momenti che hanno segnato la storia dell’Hip Hop,
dalle sessioni improvvisate nel Bronx fino ad un’industria multimiliardaria,
oltre a tracciare il ruolo che la fotografia ha avuto nel dominio mondiale
da parte del genere musicale.

 “I fotografi – ha spiegato Jenkins – erano, per così dire, le ostetriche
che hanno aiutato (metafora per far nascere) sia coloro che ne erano parte
sia quelli al di fuori a capirne il valore”.
Gli scatti fotografici, tra gli altri, riportano indietro nel tempo,
a quando negli anni ’70, in una New York in cui la criminalità proliferava
e il denaro non era mai abbastanza, la creatività era tuttavia ai massimi
e la gioventù, nel tentativo di essere qualcuno
e di emergere da quartieri considerasti di serie B,
cominciò a fare comunella nei parchi e a danzare
e a registrare come se si trovare in uno studio vero e proprio.

 La nascita ufficiale dell’Hip Hop viene fatta risalire all’Agosto del 1973
quando un’adolescente di origini giamaicane, di nome Cindy Campbell,
chiese al fratello più grande di fare da DJ ad una festa di quartiere
per raccogliere soldi per dei vestiti.
La ragazza cominciò a distribuire volantini ed ad invitare persone
nella sala ricreativa di un condominio nel West Bronx
per vedere l’esibizione del fratello noto con il nome DJ Kool Herc,
il quale mixava abilmente dischi reggae a quelli funk, rock e disco

Nasce come una forma di espressione per i giovani afroamericani e latini
che vivonono in condizioni di povertà e degrado sociale.
La musica rap, che rappresenta il pilastro dell’Hip Hop,
è caratterizzata da testi parlati o cantati su una base ritmica,
spesso accompagnati da campionamenti di musica funk, soul e jazz.
Il testo rappresenta una forma di denuncia sociale,
attraverso la quale gli artisti descrivono la realtà dei quartieri difficili,
lottando contro il razzismo, la violenza e l’ingiustizia sociale.

Ma l’Hip Hop non è solo musica, è una cultura a 360 gradi
che comprende vari elementi, come la breakdance, il writing (o graffitismo),
il beatboxing e la cultura fashion.
La breakdance è un tipo di danza acrobatica
che incorpora elementi di ginnastica e arti marziali,
mentre il writing o graffitismo è l’arte di creare disegni murali
su muri e superfici pubbliche.
Il beatboxing è un’abilità vocale che prevede l’utilizzo della voce
come strumento portato musicale,
mentre la cultura fashion ha alla nascita di uno stile unico e inconfondibile,
che ha influenzato l’abbigliamento di intere generazioni.

L’Hip Hop è diventato un fenomeno globale, che ha conquistato il mondo intero,
diffondendo la sua musica e la sua cultura in ogni angolo del pianeta.
Artisti come Tupac Shakur, Notorious BIG, Jay-Z, Eminem e Drake
hanno raggiunto un successo planetario,
diventando icone della cultura Hip Hop e influenzando intere generazioni di artisti.

Ma l’Hip Hop non è solo una forma di intrattenimento,
è anche una forma di impegno sociale e politico.
Molti artisti Hip Hop si sono impegnati in battaglie per i diritti civili e umani,
denunciando le ingiustizie sociali e le violazioni dei diritti umani.

“Con Hip Hop: Conscious, Unconscious – ha detto all’ANSA Amanda Hajjar,
direttrice delle mostra a Fotografiska New York
si impara in profondità la storia di come l’Hip Hop ha avuto i suoi inizi a New York
e poi è cresciuto e si è evoluto attraverso l’obiettivo dei fotografi.

  L’energia degli anni ’70, che ha dato vita al fenomeno,
è dinamicamente catturata attraverso reportage fotografici di quel periodo,
prima che l’Hip Hop prendesse coscienza di se stesso
(da qui Unconscious nel titolo).
Negli anni ’80 e ’90 c’è il passaggio alla produzione di album,
di conseguenza arrivano i soldi, si crea una moda
e soprattutto si crea fiducia in quella cultura.
Quella consapevolizza viene rivelata attraverso scatti più recenti
(quindi Conscious).

La mostra non manca di evidenziare il valore
che le donne hanno dato alla cultura dell’Hip Hop.
Tra gli scatti più significativi un ritratto regale di Queen Latifah,
i cui inni femministiLadies First‘ e ‘U.N.I.T.Y.
hanno denunciato l’aumento dell’aggressività
e della misoginia nei testi dell’Hip Hop agli inizi degli anni ’90.

In conclusione, l’Hip Hop è una cultura che ha cambiato il mondo,
portando la voce di una generazione di giovani emarginati
e lottando contro l’ingiustizia sociale.
La sua musica e la sua cultura hanno influenzato la moda, l’arte,
la danza e la società nel suo insieme,
diventando una vera e propria forma di espressione artistica e culturale.

Fonte e Articolo completo.