I tempi che viviamo danno vita a nuovi comportamenti
che non hanno precedenti nella storia umana.
L’umanità ha sempre guardato ai suoi giovani per l’innovazione,
ma oggi sta accadendo più velocemente che mai.
Le generazioni sono formate da eventi significativi e progressi sociali,
la generazione silenziosa fu plasmata dalla Seconda Guerra Mondiale,
i baby boomer dall’assassinio Kennedy,
la Generazione X dall’esplosione del Challenger,
i millennial dall’11 Settembre e la Generazione Z dalla tecnologia mobile,
dal terrorismo e dai social media.

La capacità di comunicare in maniera effettiva, online e di persona,
è una qualità essenziale.
Internet ed i nuovi media hanno permesso alle persone di sperimentare
ciò che è importante e di porre al centro dell’attenzione
ciò che è necessario senza lasciare nulla in sospeso.
La prossima generazione dovrà eccedere in questa arte,
sviluppando la capacità di guidare una conversazione
e di creare una connessione effettiva attraverso le nuove forme di linguaggio.
Quello che dovrebbe riscoprire l’Italia è soprattutto il valore
che le nuove generazioni possono dare
quando esprimono le proprie potenzialità
e sono aiutate a superare le proprie fragilità.
I giovani devono poter aggiungere valore con la propria novità,
gettando il proprio sguardo originale sul mondo
e offrendo soluzioni inedite alle sfide del proprio tempo.
Compito delle nuove generazioni è andare oltre il presente,
mentre il compito delle più mature è consentire ad esse
di poterlo fare nel modo migliore.
Le generazioni precedenti stanno assimilando
i comportamenti delle generazioni emergenti
per due ragioni principali,
trasparenza ed autoconservazione.
Per tale motivo risulta spesso inopportuno criticare questi nuovi modelli sociali
che nonostante la crisi dei nostri tempi
riescono comunque a ritagliarsi i propri spazi
attraverso la musica, gli indumenti, l’arte multimediale
e tutte le varie esperienze creative che si sono sviluppate nell’era moderna
e che continueranno ad essere i capisaldi per lunghissimo tempo.
Questo è solo uno degli scenari che si prospettano
e che richiede quindi che le persone siano in grado di comunicare in modo ottimale
utilizzando nuovi strumenti.
In un’epoca dove anche all’interno di gruppi di lavoro si utilizzano tecnologie
quali Skype o Slack, risulta necessario imparare a comunicare in modi diversi,
adattandosi a nuove tecnologie, potenziando le proprie capacità
di comprensione e di scrittura.

Quando apparvero sulla scena sociale gli hippie o i punk,
le altre controculture giovanili,
prima ancora del contenuto ideale della loro espressione generazionale,
a colpire la mentalità borghese fu il disgusto dettato dagli indumenti,
dagli ornamenti, dalla toilette di questi giovani.
La creatività nello stile di vita sfuggiva alle codificazioni del sistema
del consumo corrente e si veniva a creare un divario generazionale
abbastanza netto.

Eppure un Paese che ha voglia di cogliere positivamente la sfida della longevità
e produrre benessere ha bisogno di una qualificata presenza delle nuove generazioni
nei propri processi di cambiamento e sviluppo.
Una migliore comprensione delle diversità culturali
permette di avere interazioni migliori tra le persone,
che si traduce in una migliore collaborazione.

In questo scenario, la nuova generazione, la Generazione Z,
rispetto alle generazioni precedenti sarà caratterizzata da una moltitudine di idee
e progetti tesi alla riconciliazione di temi essenziali
che oggi sono quasi sempre ignorati e tenuti a distanza.
La caratteristica fondamentale delle nuove generazioni che stupisce tutti
è quella di avere un grande spirito d’iniziativa.
La competizione per ottenere il successo è sempre stata spietata
ma, in un mondo sempre più connesso e globale,
i ragazzi delle generazioni future non dovranno solo competere
con altre persone dello stesso Paese, ma anche con quelle provenienti
da tutto il mondo.

Questo succede perché la società è mutata e la globalizzazione ha reso
nel bene e nel male tutto accessibile.
Sarà quindi importante avere il giusto spirito d’iniziativa
e la voglia di mettersi in gioco,
qualità sicuramente presenti nelle generazioni odierne.
I giovani di oggi sono il modo attraverso cui la società
sperimenta il nuovo del mondo che cambia.
Se messe nelle condizioni adeguate,
sono la componente essenziale in grado di coniugare le proprie potenzialità
con le specificità del territorio in cui vivono
e le opportunità delle trasformazioni del proprio tempo.
Le difficoltà dei giovani e l’aumento delle disuguaglianze generazionali
vanno considerate il segnale principale che la società
non sta andando nella giusta direzione.
Questa diffidenza da parte della società verso la sfera giovanile
non va altro che aumentare il senso di inadeguatezza
che fa parte ormai delle nuove generazioni.
Nonostante le qualità e le potenzialità siano evidenti
resta comunque ancora una notevole distanza comunicativa
tra i giovani di oggi e le generazioni precedenti.

Ti sarai reso conto che in stanze diverse i suoni si percepiscono in modo diverso,
ma nel tuo studio di registrazione in casa non puoi improvvisare,
deve essere percepito un certo tipo di suono.

Ciò significa che non basta comprare tutta l’attrezzatura necessaria,
come il microfono, le cuffie, i monitor da studio,
per allestire il nostro studio di registrazione in casa.
Bisogna fare in modo che l’ambiente in cui registreremo musica
sia consono e adatto per la registrazione di musica,
perchè l’acustica della stanza influisce sulla qualità del suono.

Trattamento acustico

Il trattamento acustico permette di controllare il suono all’interno di una stanza,
ha la capacità di controllare i riflessi sonori all’interno della stanza
in modo da migliorare la qualità delle registrazioni,
trasforma una normale stanza in un ambiente di registrazione adeguato.
Ad esempio i pannelli in schiuma sui muri degli studi di registrazione
hanno il compito di assorbire i riflessi sonori.

Perchè è cosi importante il trattamento acustico?

Il suono può apparire distorto in uno spazio non trattato, può apparire spento.
Perciò, se non viene data la giusta importanza anche al trattamento acustico,
si rischia di spendere molti soldi ed energia per niente.

Quando si emette un suono, quando cantiamo, quando suoniamo una chitarra ecc, 
le onde sonore si muovono dalla sorgente verso l’esterno in ogni direzione.
Una parte del suono si muove in linea retta verso il microfono,
in questo caso parliamo di suono diretto.
Il resto del suono rimbalza nella stanza in modo casuale,
molte di quelle onde sonore ritornano inevitabilmente al microfono,
in questo caso parliamo di suono riflesso.

A seconda delle dimensioni e della forma della tua stanza
e se l’hai trattata acusticamente o meno,
il cambiamento del suono può essere drastico.

Per esempio, se cantiamo sotto una doccia o in una cattedrale
percepiamo un bel suono, un suono più “sonoro” rispetto ad altre stanze,
dove il suono risulta più spento.
Questo perché ognuno di questi spazi può avere un’acustica migliore.

Per fortuna, in ogni stanza,
è possibile isolare il suono diretto
in modo da avere la registrazione più pulita possibile
e creare un ambiente di registrazione e di ascolto gradevole.

Assorbimento e diffusione

Ci sono due approcci al trattamento acustico:

L‘assorbimento si riferisce alla componente del suono che viene assorbita,
non esce da nessuna delle direzioni,
impedisce che le frequenze indesiderate
si riflettano nell’ambiente di registrazione o di missaggio.
Ci sono veri e propri assorbitori acustici 
che sono realizzati in un materiale che impedisce
all’energia sonora di rimbalzare su superfici dure come pareti e soffitti.
In questo modo viene migliorata notevolmente la qualità del suono
dell’ambiente e delle registrazioni.

Hai presente quei pannelli in schiuma sui muri degli studi di registrazione?
Ecco quelli sono degli assorbitori acustici, assorbono tutti i riflessi sonori.

Molti avvertono che il suono esce troppo ovattato,
spento” quando utilizziamo solo l’assorbimento.
Ecco che subentra un altro approccio al trattamento acustico, la diffusione.
La combinazione dei due fa uscire un suono perfetto.

La diffusione permette a qualche riflesso sonoro di sopravvivere,
funziona disperdendo riflessi problematici in diverse direzioni,
per ridurre il loro effetto negativo. 
I diffusori acustici sono realizzati in materiali rigidi disposti in modelli di altezza,
dimensioni o direzione della superficie variabili.

Nella maggior parte dei casi,
è necessaria una combinazione di entrambi gli approcci
per un efficace trattamento acustico.

I tre tipi di trattamento acustico

I tre tipi principali di trattamento che forniscono assorbimento e diffusione
sono i Bass Traps, i Pannelli Acustici e i Diffusori.

  • Bass Trap – per il controllo e l’assorbimento delle basse frequenze
  • Pannelli Acustici – per assorbire le frequenze medio/alte
  • Diffusori – per disperdere le frequenze rimanenti

Le Bass Trap sono strumenti specializzati nell’assorbimento delle basse frequenze, ma in realtà sono in grado di assorbire anche le frequenze medio/alte.
Sono pannelli fonoassorbenti a forma triangolare
da posizionare negli angoli della stanza,
sono considerati molto importanti nel trattamento acustico,
perché migliorano notevolmente l’acustica della stanza,
e sono utili soprattutto durante il processo di mixaggio.

Le Bass Trap gestiscono le frequenze più basse
e i Pannelli Acustici si occupano del resto.

I pannelli acustici, infatti, aiutano a ridurre le frequenze medio-alte
durante la registrazione e il mixaggio,
sono realizzati con una cornice rettangolare
riempita con materiale assorbente e appesa alle pareti.
Esse eliminano le onde stazionarie presenti tra due pareti contrapposte.
Solitamente vengono posizionati sui muri laterali e il soffitto,
rispetto alla posizione dove possiamo ascoltare la musica.

I Diffusori Acustici sono una forma di trattamento acustico
che disperde i riflessi anziché assorbirli.
La diffusione consente di controllare i riflessi della stanza
senza eliminarli completamente.
I Diffusori sono principalmente per stanze più grandi,
è possibile mettere dei Diffusori sulle sezioni superiori delle pareti e sul soffitto.

Pannelli: pannelli fonoassorbenti e pannelli diffusori

Per avere un buon trattamento acustico ci sono diversi pannelli
che hanno forme e dimensioni diverse,
e sono fatti di materiali diversi
che vengono inseriti negli angoli e sulle pareti della stanza.
Esistono essenzialmente due tipi di pannelli:
pannelli fonoassorbenti e i pannelli diffusori.

pannelli fonoassorbenti sono composti da materiali fonoassorbenti,
tipicamente lana di roccia, lana di vetro o fibra di poliestere.
Il loro scopo è assorbire le onde sonore,
e fare in modo che esse non si riflettano sul muro e negli angoli della stanza.

pannelli diffusori invece,
vengono utilizzati per esaminare alcune precise frequenze nella stanza,
e sono realizzati in materiali rigidi come plastica e legno.

Il 20/02/1967 nasce Kurt Donald Cobain
da Donald Cobain (meccanico) e sua madre Wendy (casalinga).
Vivono ad Aberdeen nello stato di Washington.
Città grigia, piovosa da dove nulla arriva e nulla esce.
La percentuale di suicidio è la più alta della nazione, l’alcolismo dilaga
ed il crack distrugge le giovani menti riversate nelle strade della città.


Già a due anni inizia ad avere interesse per la musica e suona la chitarra.
Prende lezioni di batteria a tre anni e non imparava a leggere la musica,
guardava quello che faceva un suo compagno e lo imitava.
Questo denota in lui già delle doti particolari.
Passò diversi periodi prima con un genitore e poi con un’altro,
in quanto il padre diventò violento, ed iniziò a picchiarlo,
obbligandolo a degli allenamenti di lotta,
ma Kurt odiava gli atteggiamenti violenti
e rimaneva immobile fino a quando non veniva atterrato.
Il padre portava anche a caccia Kurt che però si rifiutava di sparare
e restava nel furgone ad ascoltare i dischi dei Black Sabbath e dei Kiss.

Al suo 14° compleanno, Kurt doveva scegliere tra una bici ed una chitarra.
Scelse la seconda, e dopo aver imparato Back In Black degli AC/DC
iniziò a scrivere sue canzoni.
Iniziò a leggere le imprese dei Sex Pistols su una rivista,
ma dato che il negozio dei dischi di Aberdeen non aveva nulla del genere
si fece un’idea tutta sua della musica punk,
infatti rimase deluso quando ascoltò i dischi punk (Sex Pistols, Clash)
e pur rimanendo attratto dallo stile “estetico” del punk
non comprò più nulla del genere.
Tentò invece di creare un suo stile per mettere in musica
quello che realmente il punk esprimeva esteticamente,
alzava al massimo il suo piccolo amplificatore
e suonava nel modo più cattivo possibile.
Già lo vedeva come un lavoro, come una missione,
ci credeva veramente, giorno dopo giorno sempre di più.

È il 1987 l’anno della nascita dei Nirvana, fondati da Cobain e Krist Novoselic.
Alla batteria si susseguono Chad Channing e Butch Vig,
ma la formazione definitiva arriva nel 1990 con Dave Grohl.

Nel 1989 a Seattle, una delle scene musicali più vivaci dell’epoca,
i Nirvana registrano e pubblicano l’album Bleach
con l’etichetta indipendente Sub Pop Records e raggiungono il successo,
mentre inaugurano la loro “tradizione”:
finire i concerti distruggendo gli strumenti per terra o contro gli amplificatori.
La personalità dell’artista si è sviluppata progressivamente
in base alle esperienze vissute durante l’età adolescenziale
e quelle vissute postume con il gruppo dei Nirvana
che hanno caratterizzato anche la scrittura e la musica di Kurt Kobain.
La varie vicissitudini che hanno accompagnato la vita privata del cantante
sono state la vera dose letale che ha posto fine alla vita di questo grande artista.
L’8 Aprile 1994 viene ritrovato il suo cadavere
nella lussuosa residenza al 171 del Lake Washington Boulevard.
Un caso archiviato come suicidio dagli inquirenti.

Ma restano ancora dopo tanti anni dubbi sulla vicenda che non sono mai stati chiariti.
A partire dal ruolo della moglie,
la star del rock in rosa Courtney Love,
il giallo della morte di Kurt Cobain, quel fucile senza impronte
e un testamento scomodo risuonano ancora nella memoria collettiva
che riguarda quel tragico evento.

Il decesso, accertò l’autopsia, era avvenuto tre giorni prima, il 5 Aprile 1994.
Stando ai rapporti della polizia, il cantante si era suicidato sparandosi in bocca
con un fucile Remington calibro 20, aveva ingerito Valium in dosi non terapeutiche
e si era iniettato eroina sufficiente per una tripla overdose.
Eppure, la “Crime scene” non ha mai convinto i complottisti.
Il fucile era poggiato sul braccio sinistro, senza impronte,
ed in una collocazione innaturale per una persona
che si sia fatta appena saltare la testa.
Anche la lettera d’addio non convince, divisa in due parti.
Nella prima, Cobain scrive in modo coerente.
Si rivolge all’amico immaginarioBoddah”,
confidandogli la sua crisi di artista rock pressato dal successo,
nella seconda metà della lettera, invece,
la scrittura si fa frenetica, confusa:
Kurt scrive alla moglie Courtney Love e chiede protezione per la figlia Frances Bean.

Courtney decide di sua iniziativa di assoldare un detective, Tom Grant,
per fare chiarezza sulla vicenda.
Lei inizialmente è al di sopra di ogni sospetto per l’opinione pubblica.
Ma Grant scopre che Kurt aveva stilato un testamento che escludeva la moglie,
da cui intendeva divorziare, dall’asse ereditario.
E qualcuno nota anche strane somiglianze tra la calligrafia della donna
e quella delle frasi finali della lettera d’addio.
Sono ancora tanti gli interrogativi aperti
su questo episodio fondamentale della vita di Kobain.

Negli anni sono state espresse diverse teorie che spostavano l’attenzione dal suicidio
e ponevano invece i riflettori sull’omicidio.
Resta in ogni caso difficile confutare la “convinzione generale
che riconosce il gesto dell’ artista come suicidio,
questo anche perché il cantante, precedentemente,
aveva tentato più volte tale gesto riuscendo comunque ad uscirne illeso.
In realtà questa posizione è piuttosto comoda da sostenere
in quanto la vita dell’artista era sostanzialmente problematica
e di conseguenza dava diversi spunti all’opinione pubblica
per rafforzare la tesi del suicidio.

Difficile riuscire a stabilire una verità
anche perché le teorie “complottiste” non trovano riscontri tangibili.
Questo caso resta avvolto nel mistero,
come tanti altri avvenimenti che hanno comportato la morte di artisti famosi.


A prescindere da come sia morto questo grande Artista
ha lasciato a tutti noi un qualcosa
che rimane indelebile e che sarà sempre viva:
la sua musica.

Guè ha definito lo “storytelling” come la capacità di girare un film in rima.

Questa tecnica viene spesso sfruttata in ambito musicale
e quando usata bene rende la canzone magica,
capace di portarti nel mondo dell’artista.

In Italia, di canzoni riuscite, ce ne sono tantissime,
ma se dobbiamo sceglierne una su tutte è sicuramente “Serpi” di Jake la Furia,
uscita nel 2005.

In questo caso, la storia raccontata è quella dell’artista milanese,
del suo passato e della sua vita.

Per prepararci all’entrata del suo mondo, il rapper milanese,
ci regala un intro che riesce perfettamente in questo scopo.
Una volta partita la canzone verremo accompagnati
lungo la storia da una base Hip Hop dalla melodia malinconica.

Durante i 4 minuti e 43, Jake, ci racconta della sua adolescenza,
della situazione familiare, dei suoi problemi di dipendenza,
della vita di strada che ha caratterizzato una parte della sua esistenza.
Infine ci descrive anche la sua rivalsa, il suo successo
e come questo ha cambiato la sua vita.

Ogni parola è pesata, non c’è una barra meno significativa di un altra,
tutto è pensato e legato assieme alla perfezione.
Alla fine della canzone ti sembrerà di aver vissuto con Jake la sua esperienza.
Infatti è proprio per questo che è uno dei migliori esempi di storytelling italiano.

Jamil, conosciuto anche come Jamil Baida.
Rapper classe ‘91, nato in Italia con origini persiane.
Appassionato di cinema, cura regia e montaggio di tutti i suoi videoclip musicali.
Conosciuto anche per la sua abilità nei dissing.
Dopo un disco ufficiale intitolato “Il Nirvana
e due mixtapeBlack Book” e “Black Book 2“,
fonda il suo gruppo ed etichetta indipendente Baida Army.
Pubblica l’album “Most Hated” e la Deluxe Edition, con cinque brani inediti.
Il suo terzo album ufficiale è “Rap Is Back“, un progetto personale e introspettivo,
per questo senza featuring.

FLOW è il nuovo album disponibile dal 27 Gennaio 2023.

Nel rap italiano Jamil è sempre stato una mosca bianca:
con il suo modo di fare provocatorio e diretto,
nel corso degli anni è stato protagonista di diversi dissapori
con esponenti più o meno conosciuti della scena,
attirando odio e facendosi diversi nemici in ambito musicale.
Chi è fan di Jamil lo è anche per questo suo modo di fare,
forse fin troppo schietto e senza filtri.

Dopo “Rap is Back” e “Most Hated“,
dove Jamil non aveva brillato in modo particolare
e si era beccato un bel po’ di critiche,
con “Flow” ci porta un disco più solido, diverso dagli altri,
anche se Jamil è sempre lo stesso,
anzi sembra essere in forma migliore rispetto all’ultimo progetto,
quasi come se avessimo a che fare con un nuovo Jamil.

Certo, il rapper è uno di quegli artisti che o li ami o li odi,
non è un artista da hit o che ascolti tanto per,
ma questa volta il disco risulta essere davvero coinvolgente.
Ascoltando bene le tracce ci sono diversi spunti interessanti,
così come notevoli sono i featuring, anche quelli pochi, ma efficaci.

Il disco non nasconde le sue intenzioni:
far risorgere l’artista dopo il flop del lavoro precedente.
Purtroppo “Rap is Back” risultava un disco senza novità,
con un Jamil poco ispirato o originale.
L’idea di prendersi l’enorme responsabilità
di riportare un genere che sulla carta funzionava alla perfezione,
ma nella realtà un po’ meno non fu un idea brillante.
Stavolta il rapper veronese ha saputo rimediare agli errori
e questo suo ritorno in gran stile non può che fare piacere.

Nel disco si riscontra un evidente riferimento al 2020
e a quell’album che sembrava l’avesse segnato irrimediabilmente (“Mamma Scusa”), collegandosi poi a quelli che sono gli intenti del nuovo progetto.
Flow” cambia rotta anche a livello di beat:
Jamil opta per produzioni diverse dalle solite,
anche per offrire nuovi stimoli all’ascoltatore,
puntando su sonorità morbide e senza esagerare con l’utilizzo dell’autotune.

Gli ospiti sono tanti e ben distribuiti all’interno della tracklist:
Fedez in “L’Odio“,
dove finalmente torna a rappare con una strofa molto diretta
e eclissa abilmente Jamil.
Inoki su BPM insolitamente bassi per lui,
Jake la Furia ed Emis Killa in due brani diversi tra loro,
ma comunque street (“Leader” e “Zona”),
Nayt in un banger clamoroso (“4AM”),
Mr. Rain in un brano dai toni delicati (“Siamo Qui”),
oltre a Nyv e Niko Pandetta rispettivamente presenti in “France” e “Sicario”.

Jamil da solo ha cercato di mantenere alto il livello
e con brani come “TN Squalo”, “Don’t Lie” e “Male
completa il quadro rendendo “Flow” un lavoro ben strutturato,
che riporta a galla le qualità di un artista spesso sottovalutato dal pubblico.

Il concept dell’album è concentrato sullo status guadagnato negli anni dal rapper
che, dopo un lungo periodo di attività, decide per una sperimentazione ben mirata,
ma che nello stesso tempo potesse mantenere il modo di scrivere
che ha sempre contraddistinto lo stile dell’artista.

A questo proposito, la necessità di accogliere nuove sonorità nel proprio repertorio
ha permesso a Jamil di far emergere un lato più introspettivo,
come testimonia il brano “Siamo Qui” con Mr. Rain e Sad.

Jamil è un artista che va giudicato in base al suo percorso complessivo.
Il brano “Mamma Scusa“, in cui il rapper sviscera il periodo tormentato in cui uscì l’ultimo criticato album “Rap is Back“, mette in luce il bisogno di sfogarsi e di raccontarsi: prerogative principali di “Flow
e del momento attuale vissuto da Jamil dopo due anni di pausa.

Il disco risulta essere piacevole all’ascolto
e mette in evidenza delle qualità canore dell’artista
che fino a questo momento ci erano sconosciute.
Jamil aveva sempre optato per uno stile decisamente meno “sonoro“.
La riuscita di questo lavoro sta anche nella capacità dell’artista di mettersi in gioco
e di accettare un cambio direzionale
per offrire al pubblico un esperienza emozionale nuova.
(I.M.D.L.)

L’omicidio di Tupac Shakur è rimasto irrisolto per oltre 25 anni
nonostante numerose persone abbiano puntato il dito contro il principale sospettato:
Orlando Anderson (persino suo zio Keefe D).
Nelle numerose interviste, nel documentario e nel libro
chiamato Compton Street Legend,
l’ex Crip ha ammesso di avere avuto un ruolo fondamentale nell’omicidio di Pac.

2Pac è stato ucciso a colpi di arma da fuoco il 7 Settembre 1996
vicino all’incrocio tra Flamingo e Koval a Las Vegas, Nevada.
Morì sei giorni dopo all’University Medical Center all’età di 26 anni.

Questo è quello che si sa per certo:
Tupac Shakur e Suge Knight, all’epoca CEO di Death Row Records,
si incontrarono per andare a vedere un incontro di Mike Tyson
all’MGM Grand di Los Angeles.
Nella hall del casinò, però, Shakur incrocia Orlando Anderson,
un membro della gang dei Crips.
I due si scontrano – con la partecipazione degli entourage di Shakur e Knight
ma la situazione rientra in poco tempo e ognuno va per la sua strada.
Più tardi Tupac e Knight salgono in macchina con l’intenzione di andare al Club 662,
un locale di proprietà del CEO di Death Row.
Durante il tragitto, però, una Cadillac bianca si affianca al veicolo
e un uomo (non identificato) fa fuoco.
Erano le 11 di sera.

Il rapper fu colpito quattro volte
– due proiettili nel torace, uno nel braccio e l’ultimo nella coscia –
e si ritrovò con il polmone destro perforato.
Knight, invece, ne è uscì praticamente illeso:
solo una piccola ferita sulla testa causata dalla scheggia di un proiettile. 

L’ omicidio è inquadrato nel contesto della radicale contrapposizione
tra West Coast e East Coast.
Due sound differenti, due filosofie concorrenti, due modi diversi intendere il rap:
per tutti gli anni ’90 West Coast e East Cost hanno diviso pubblico e addetti ai lavori,
generando un conflitto che è andato ben oltre il rap.

I protagonisti delle opposte fazioni erano due:
Tupac e Notorious B. I. G.
Sebbene fossero fino a poco tempo prima amici, Pac e Biggie,
a causa di tutta una serie di episodi,
entrano in una faida che resta ancora impressa nella memoria collettiva
di tutti gli appassionati dell’Hip Hop.
Diviene ovviamente memorabile il loro beef a suon di rime
che porta alla nascita di due tracce cult del genere:
Hit ‘Em Up di Pac e Who Shot Ya? di Biggie,
dove entrambi si insultano e minacciano esplicitamente di farsi fuori.

Hit ‘Em Up

I media, hanno sempre scelto di raccontare una storia suggestiva,
allontanando chiunque dalla verità.
Secondo i media, il colpevole era l’ex amico e rivale The Notorious B.I.G.;
i due hanno trovato il successo insieme all’inizio degli anni’ 90,
ma dopo qualche anno il rapporto si è incrinato,
travolto dalla storica rivalità tra East e West Coast.
Rivalità che sarebbe iniziata con Who Shot Ya?,
il pezzo di Biggie del ’94 che molti hanno interpretato come una diss track
per Shakur che, due anni dopo, ha risposto con Hit ‘Em Up,
in cui sembra raccontare una scappatella con Faith Evans,
la moglie di Biggie.

La Evans, qualche tempo dopo,
ha dichiarato che il marito era convinto che tutti lo incolpassero dell’omicidio
e aveva paura delle ritorsioni.
Biggie ha sempre negato.

Un’ altra teoria, anche questa difficile da provare,
dipinge Suge Knight come il vero colpevole della morte di Tupac.
C’è chi è convinto che il rapper fosse sul punto di fondare la sua etichetta
e Knight avrebbe orchestrato l’omicidio per impedirglielo.
L’uomo, però, ha sempre negato.
Non solo, in un documentario propone una quarta versione dei fatti:
Sharita Golden, la sua ex moglie, e Reggie Wright Jr.,
all’epoca capo della sicurezza di Death Row Records,
avrebbero organizzato l’assalto in cui è morto Tupac,
ma la vittima designata era proprio Knight.
Il movente?
I due volevano il controllo dell’etichetta.

Altra teoria poco plausibile riguarda le dichiarazioni di John Potash,
autore del libro-inchiesta FBI War on Tupac Shakur & Black Leaders,
secondo il quale, gli omicidi di Shakur e Notorious B.I.G.
sarebbero da configurarsi nell’ottica di un piano governativo
volto all’eliminazione di figure scomode nella lotta ai movimenti afroamericani
potenzialmente dannosi per la società
(come quanto accaduto negli anni ’60 con le Pantere Nere).
Sebbene Tupac non militasse in alcuna organizzazione per i diritti dei neri o simili,
il suo carisma avrebbe potuto risvegliare sentimenti antigovernativi sopiti negli anni,
specie per la natura dei suoi testi inneggianti la libertà, l’odio verso le autorità
e in generale la sua idea di vita Thug Life, molto contestata all’epoca.

A quasi ventidue anni dalla sua morte,
importanti rivelazioni sull’omicidio stanno ora emergendo
dalla confessione del rapper Keefe D.

 Keith David, in arte Keefe D, rapper e membro della gang losangelina dei Crips
dichiara: “Ero un boss di Compton, spacciavo droga
e sono l’unico vivo in grado di raccontare la storia dell’omicidio di Tupac.
Sono stato inseguito per vent’anni
e sto uscendo allo scoperto ora
perché ho il cancro.
Non ho nient’altro da perdere.
Tutto quello che mi interessa ora è la verità“. 

Durante un incontro del 2021 con The Art Of Dialogue, Keefe D,
si era in realtà già dichiarato colpevole, anzi complice,
in quanto presente in macchina quando Anderson
sparò i colpi mortali al rapper di Los Angeles.
Secondo quanto è stato riferito dal LVPD,
l’ex detective del dipartimento di polizia di Los Angeles Greg Kading,
ha ritenuto “inconcepibile” che Keefe D non fosse stato arrestato
a causa del suo evidente coinvolgimento nel crimine:
“Bisognerebbe arrestare Keefe D con l’accusa di complicità in omicidio,
sulla base delle sue numerose confessioni pubbliche“,
ha detto a The Sun, l’ex poliziotto. 

Anzi, le parole di Keefe D potrebbero ora costargli la libertà.
In una recente intervista con Bomb1st,
Reggie Wright Jr. ha suggerito che gli investigatori stanno scavando
nel coinvolgimento di Keefe D e potrebbero addirittura trascinarlo in prigione.

Wright ha suggerito che Keefe D ha tutte le ragioni per essere nervoso
perchè la polizia è effettivamente nel bel mezzo di un’indagine nei suoi confronti
che mirerebbe a dimostrare il suo coinvolgimento attivo nell’omicidio di 2Pac.
“Sarebbe quindi una decisione dell’ufficio del procuratore distrettuale
determinare se le prove sono sufficientemente forti per essere perseguite.
Il dipartimento di polizia può assolversi dalle proprie responsabilità
arrestando Keefe D e affidando la responsabilità al procuratore distrettuale,
a cui appartiene”.

È davvero incredibile come a distanza di anni
non si riesca ancora a fare luce sui tragici eventi che portarono alla morte di Tupac.
Nonostante i tantissimi testimoni la verità continua a restare sepolta.
Le ultime rivelazioni però tracciano una nuova direzione per le indagini,
dando a tutti noi la speranza che un giorno questo caso possa essere risolto.

(I.M.D.L.)

The Score” dei Fugees, disco simbolo dell’Hip-Hop anni ’90

Sono passati 27 anni da “The Score“,
un capolavoro che racconta la storia
di una giovane Lauryn Hill, di Wyclef Jean e di Pras Michel
che da soli si occuparono della scrittura
della maggior parte dei testi della produzione dei brani.

Lauryn Hill lo ha definito un “audio-film”
che racconta una storia anche con tagli e interruzioni nella musica.

Il “Sound” non è solo classico Boom Bap:
The Score è influenzato da più generi tutti riconducibili alla black music
(e noi della Stanza li apprezziamo tutti),
come l’R&B ma anche il Reggae,
evidenti in pezzi come “No Woman, No Cry” o “Zealots“.
I sample, poi, sono un altro punto di forza di un album
perfettamente curato dall’inizio alla fine.

Sebbene si tratti di un album rap uscito negli anni ’90,
nei testi di “The Score” si fa poco riferimento ai temi tipici di quegli anni.
La volontà era quella di dar vita a un tipo di arte
che tutti avrebbero potuto apprezzare.

Emblematica è una delle barre più famose di Lauryn Hill:
so while you’re imitating Al Capone, I’ll be Nina Simone
and defacating on your microphone
“.
Qui Lauryn manifesta un’importante presa di posizione:
quella di allontanarsi dagli stereotipi dei rapper duri
e mostra l’altra faccia della musica,
quella vicina a Nina Simone,
quella che vuole raccontare in maniera autentica un “qualcosa”.

Il secondo album dei Fugees è anche la consacrazione di Lauryn Hill.
La sua voce dolce e al tempo stesso tagliente
è ciò che ha permesso a “The Score” di diventare immortale.
La capacità di rappare ma anche quella di cantare
è stato l’aspetto che forse più di tutti ha permesso a Lauryn Hill di prendersi la scena.

Miglior Album Rap ai Grammys del 1996 e 7 platini (senza gli streaming),
The Score è l’album di un gruppo rap più venduto nella storia.
Ciò è stato possibile perchè i Fugees , con la loro forte personalità,
hanno abbattuto le barriere,
arrivando ad un pubblico anche al di fuori del mondo Hip-Hop.

L’aspetto incredibile è che anno dopo anno
sembra che il disco acquisisca sempre più valore,
come se con il passare del tempo si comprendessero meglio i suoi lati sconosciuti.
Ma è questa, in fondo, la bellezza di The Score:
un pezzo d’Arte che si scopre diverso
e per questo sempre più bello ascolto dopo ascolto

La piattaforma di streaming musicale Spotify
offre ogni settimana una playlist personalizzata chiamata Discover Weekly,
composta da 30 brani selezionati attraverso l’analisi dei gusti musicali
e delle ricerche dell’utente.

L’obiettivo di questa playlist è far scoprire nuove canzoni e artisti agli utenti.
Per un musicista, la Discover Weekly può rappresentare un’opportunità
per raggiungere il proprio pubblico ideale.
Gli algoritmi di Spotify generano la playlist
in base al comportamento di ascolto dell’utente,
all’analisi del testo delle canzoni e di altri testi correlati nel web,
alla frequenza di pubblicazione di nuove canzoni da parte degli artisti,
al numero di ascolti e di follower delle canzoni e del profilo dell’artista,
nonché alla presenza in playlist collaborative.

Tali fattori aumentano le possibilità che una canzone di un artista
venga scelta da Spotify per essere inclusa nella Discover Weekly.

In pratica, la playlist Discover Weekly è generata tramite l’uso di algoritmi
che analizzano i dati di ascolto degli utenti e le informazioni relative agli artisti,
come il numero di follower e di ascolti.
In questo modo, Spotify cerca di offrire un’esperienza musicale personalizzata
e adatta ai gusti degli utenti, incoraggiandoli a scoprire nuova musica.
Per un artista emergente, la presenza nella Discover Weekly
può essere un’opportunità importante
per raggiungere un pubblico più ampio e farsi conoscere.
Tuttavia, per avere maggiori possibilità di essere selezionati da Spotify,
gli artisti devono impegnarsi a pubblicare regolarmente nuove canzoni
e ad attirare l’attenzione degli utenti attraverso le playlist collaborative.

In sintesi, la Discover Weekly rappresenta uno strumento importante
per la scoperta di nuova musica, sia per gli utenti che per gli artisti emergenti.

Come artista, è importante essere presente sul web,
non solo sui social network, ma anche attraverso la pubblicazione di articoli su blog,
riviste di musica, testate, webzine, ecc.
Inoltre, per essere notati dall’algoritmo di Spotify,
le tue canzoni devono avere un certo numero di ascolti
che dipendono dalla tua attività sul profilo,
dal numero di canzoni pubblicate ogni anno,
dal numero di fan che ascoltano e condividono le tue canzoni
e dal fatto che queste siano inserite in playlist personalizzate.
Per questo, è importante pubblicare singoli con una certa regolarità,
senza però compromettere la qualità della tua musica.
È importante considerare che le canzoni tecnicamente ben riuscite
hanno performance di ascolti superiori rispetto ad altre.
Inoltre, non bisogna sottovalutare il potere delle playlist,
che possono aiutare a far conoscere le tue canzoni in modo organico.

È importante scegliere le playlist più adatte al tuo genere musicale
e se la tua canzone è presente in numerose playlist
questo è un segnale di gradimento e potrebbe portare l’algoritmo di Spotify
a inserirla in qualche sua playlist algoritmica.

Se desideri fare progressi nella tua carriera musicale,
il nostro team di professionisti esperti può aiutarti
a creare un percorso personalizzato per te e la tua musica.
Siamo qui per offrirti supporto e assistenza per aiutarti a raggiungere i tuoi obiettivi
e sfruttare al massimo il tuo potenziale musicale.
Non devi farlo da solo, contattaci oggi stesso
per scoprire come possiamo aiutarti
a raggiungere il successo nella tua carriera musicale su Spotify.

Durante tutti gli anni Settanta,
l’onda dello scandalo travolgeva la società italiana,
non solo per i costumi ed il modo di porsi dell’artista,
ma anche e soprattutto per i contenuti espliciti delle sue canzoni:
basti pensare a Metrò (Invenzioni, 1974),
in cui un uomo fa avances ad una donna sulla metropolitana;
alla celebre Mi Vendo (Zerofobia, 1977),
confessioni di un gigolò felice del suo mestiere;
a Fermoposta (EroZero, 1979),
in cui un voyeur (“schedato, per atti osceni segnalato”)
invita le “anime perverse” a corrispondere con lui.


Gli episodi scandalosi esistevano già in quel contesto storico
e soprattutto suscitavano negli spettatori sentimenti nuovi e mai provati prima.
Risulta quindi difficile accettare lo stupore di chi si scandalizza oggi
per un bacio tra Rosa Chemical e Fedez

Nelle 5 ore abbondanti a puntata,
condotte da Amadeus assieme allo storico Gianni Morandi,
coadiuvati da Francesca Fagnani, Paola Egonu e Chiara Ferragni,
di questa competizione canora,
tra ospiti e varia umanità in cui è successo di tutto
per la gioia del vastissimo pubblico televisivo,
l’unico episodio che ha avuto seguito è questo famoso bacio

Come se la trasgressione non fosse lecita
solo perché il contesto e il consenso non lo richiede.
La trasgressione è un gesto che riguarda il limite
e non fa nessun riferimento al consenso comune.
Limite e trasgressione devono l’uno all’altra la densità del loro essere.
Non c’è limite all’infuori del gesto che l’attraversa.
Non c’è gesto se non nell’oltrepassamento del limite. 

Quindi è lecito per artisti come Rosa Chemical oltrepassare quel limite.
Lo si può fare baciando Fedez
o lo si può fare indossando determinati indumenti o truccandosi vistosamente.

Trucco e paillettes sono stati per due decenni il marchio distintivo di Renato Zero:
un personaggio sopra le righe, provocatorio,
che racconta il mondo come nessuno aveva osato prima.
Quello che si è visto a Sanremo non è nulla di nuovo.
La vera novità sono artisti “innovativi”
come Madame, Lazza, Colapesce e Dimartino, Mr. Rain
che sono riusciti ad occupare i primi posti di un Sanremo
che, per quanto è cambiato negli ultimi anni,
resta comunque una competizione tradizionalista per diversi aspetti.
Questi artisti, giovani, sono riusciti a collocarsi nei gradini più alti della classifica
riuscendo a conquistare anche chi non è abituato a certe sonorità.
Il rap è riuscito anche in una dimensione totalmente inadeguata
a ritagliarsi un suo ruolo.
Spostare gran parte dell’attenzione su avvenimenti
che a primo impatto possono sembrare scandalosi,
non fa altro che diminuire l’ ascolto delle canzoni
che dovrebbero essere invece l’ unico motivo di discussione.
Questo sistema vale per la musica in generale,
in quanto oggi conta molto di più uno scandalo
che una performance artistica di qualsiasi tipo.
Il valore dell’arte è stato sottomesso dalla cultura del “Gossip“.
Oggi conta più la vita di un cantante attraverso le storie Instagram
e le varie piattaforme virtuali piuttosto che l’ arte che tenta di proporci.
Diventa davvero complicato individuare i veri artisti in base ai propri gusti
quando l’intera scena musicale è vittima della superficialità dell’ascoltatore. 

(I.M.D.L)

Continuano gli appuntamenti culturali, tra musica, cinema e intrattenimento
della etichetta indipendente cosentina #LaStanzaDeiFantasmi.

La parola Halloween deriva dal mondo anglosassone
e probabilmente dalla frase “All Hallows Eve”, ovvero la notte di Ognissanti,
festeggiata il 31 Ottobre.
Generalmente si fa risalire ad una tradizione cattolica,
presente nell’Irlanda celtica, che sanciva la fine dell’estate.
Per quelle popolazioni, la cui economia si basava principalmente sull’agricoltura,
era un momento “topico” che andava festeggiato,
per ringraziare gli spiriti per i raccolti ottenuti.
I colori di questa ricorrenza, infatti, ricordavano la mietitura con l’arancio
e la fine dell’estate con il nero, a voler simboleggiare il buio dell’inverno.
La ricorrenza veniva chiamata “Samhain”.

La tradizione di Halloween risale proprio allo Samhain,
ovvero la celebrazione dell’anno nuovo per l’antico popolo celtico.
La data del 31 Ottobre era infatti considerata dai Celti un potente
e magico momento di transizione, non solo per le stagioni:
è in questo periodo che le barriere tra i vivi e i morti quasi si annullano
e tutte le leggi fisiche conosciute si sovvertono.
Era credenza diffusa che gli spiriti potessero tornare in vita sulla terra,
per possedere i vivi.

Un mito che, come possiamo immaginare, terrorizzava tutti gli abitanti dei villaggi.
Per sfuggire alla possessione degli spiriti, questi spegnevano i camini delle loro case,
rendendole buie ed inospitali, e si mascheravano, rendendo i loro corpi orribili,
per risultare poco “appetitosi” agli occhi dei morti e cacciandoli per lo spavento.
Un’altra tesi sostiene che i focolari delle case venissero spenti,
perché nelle notte del 31 Ottobre
si accendeva un unico enorme falò druido nel cuore dell’Irlanda, a Usinach.
Con il passare del tempo, la leggenda della possessione è andata in disuso,
mentre la tradizione di travestirsi ha resisto nel tempo.

La tradizione di intagliare le zucche, vera icona di Halloween,
molto probabilmente, risale al folklore irlandese.
L’usanza è legata alla famosa leggenda irlandese di Jack,
un fabbro avaro e ubriacone, che un giorno al bar incontrò il diavolo.
Per fargli illuminare la via, il diavolo gli lanciò un tizzone ardente,
che Jack per far durare più a lungo, mise all’interno di una rapa che aveva con sé.
Da qui il nome di Jack O’ Lantern, letteralmente, Jack della Lanterna.
Da quel momento Jack gira senza tregua alla ricerca di un luogo in cui riposarsi.
Halloween sarebbe il giorno nel quale va a caccia di un rifugio.
Gli abitanti di ogni paese sono tenuti ad appendere una lanterna fuori dalla porta
per indicare all’infelice anima, e ad altre anime erranti,
che la casa non è posto per loro.
Dalla rapa poi si è passati alla zucca perché gli immigrati irlandesi,
fuggiti dalle loro terre per una carestia nel XIX secolo,
e arrivati nel territorio americano,
non trovarono rape grandi a sufficienza per essere scavate.
Al contrario la zona abbondava di zucche, più grosse e facili da intagliare,
che agli irlandesi sembrarono un valido sostituto.

Dopo il grande successo del 9 Maggio,
che ha visto La Stanza girare, produrre e distribuire il documentario autobiografico,
a sfondo musicale “#NotAnOrdinaryStory di Ed Crain“,
con ospiti Claudio Dionesalvi, autore e giornalista, oggi impegnato con iCalabresi.it,
Amaele Serino, fondatore della Street Art School di Cosenza,
e Giuseppe “Kerò” Rimini, DJ e produttore musicale,
insieme ai giovani artisti emergenti calabresi Dote, Fallen, Fvkin Erre e Tulvio,
che hanno riempito gli spazi del Dipartimento Autogestito Multimediale,
del “Filorosso“,
messi a disposizione dall’associazione culturale “Entropia“,
con sede presso il “Polifunzionale” dell’Università della Calabria.

9 Maggio @Filorosso – Università della Calabria

E dopo il ritorno a Cosenza,
alla fine del concerto di Luchè, nella location del “RendanoArena“,
con l’evento in Piazza Duomo della Stanza.
Il 22 Luglio alle ore 22:22 lo spettacolo
ha visto la presentazione ufficiale di due prodotti musicali.
Un “EP” ufficiale ed un “Singolo“,
rilasciati su tutte le piattaforme digitali.
The Piluso EP,
prodotto interamente composto dal gruppo calabrese “The Piluso“.
La giovane crew cosentina “87ZERO40“,
composta dagli MC’sw “Osa Baby” e “Zaky
e dai produttori musicali “Flebo” e “Seizure“,
(tutti 18enni o poco più)
ha presentato ufficialmente il primo lavoro,
17xDAVVERO“,
il cui video ufficiale uscito il giorno 1 Luglio 2022
ha gia raggiunto sui vari canali piu di 30000 contatti e visualizzazioni.

#JustALilBeat – 22 Luglio – [c] Beat – Piazza Duomo (Cosenza)

Si ritorna a Cosenza,
a Trenta (Casali del Manco),
dopo gli ultimi 2 mesi pieni di appuntamenti
tra DJ Set e Party nella città di Milano,
dove La Stanza,
officina sonora nata a Cosenza da un’idea de Lo Spettro DJ,
con l’obiettivo di produrre, promuovere e distribuire
la musica #Urban nel territorio nazionale.

Un evento in grande stile,
un Festival della tradizione e dell’intrattenimento.
Nei pressi della Chiesa CattolicaSS. Maria Assunta“,
in corso Umberto 53, nella contrada Trenta,
a Casali del Manco.
Dal pomeriggio alle ore 06:06 e fino a notte fonda,
a tema della notte più infestata dell’anno.
Stand di cibo tradizionale calabrese
assieme a vino D.O.C. e bevande servite da barman professionisti.
Spettacolo di Breakdance
a cura della storica crew calabrese Compà Dreush“,
con il maestro Telemare,
storico BBoy ed MC della Calabria,
accompagnato dalla musica folkloristica di Fabio Guglielmi.

La Storia della Breakdance in RAI


La Stanza vedrà l’esibizione in diretta streaming,
dalla Stanza a Milano,
de Lo Spettro DJ.
A concludere l’evento il sound innovativo e sperimentale
TuttaSanaOssessione,
crew composta da Mista-D e da il Folle,
per un Festival come in provincia di Cosenza non se ne vedevano da tempo.

Gradita la maschera, per uno shot gratis.
Non fartelo raccontare: Vivilo!

#TrickOrTrenta – 31 Ottobre – corso Umbero 53, Trenta (Casali del Manco)