Il Rap è un genere che sa affrontare un’ampia gamma di tematiche
e l’argomento del sessismo è solo un piccolissimo aspetto di una cultura artistica
che possiede grandi capacità critiche ed espressive
e che ha già dimostrato ampiamente di sapersi mettere in discussione,
dimostrando di essere una cultura antisessista,
ma comunque affine a determinati valori musicali.
La cultura Hip-Hop rappresenta uno spazio di resistenza creativa dal basso,
uno sguardo decentrato che si eleva sulle narrazioni banali,
spesso soffermandosi su questioni legate a razza e classe,
ma definendo bene determinati confini
ed esprimendo di continuo il disagio collettivo attraverso un linguaggio aggressivo.
Sempre più spesso infatti questa cultura rappresenta e ha rappresentato
anche le lotte per i diritti delle donne,
citando solo alcune delle artiste che hanno contribuito alla causa
come Akua Naru, Sara Hebe, Keny Arkana, Ana Tijoux, Shadia Mansour, KT Gorique, Mc Manmeet Kaur.
Per tale motivo risulta paradossale l’accanimento verso il genere Rap,
un genere che si presta facilmente alle accuse rispetto ad altri generi più mainstream
anche per la storia che si porta dietro o, meglio,
per le storie che caratterizzano il tipo di scrittura utilizzato nei testi.

Il Rap ha un linguaggio diretto e schietto, nasce dalla marginalità.
Un genere capace di offrirci la possibilità di una prospettiva radicale da cui guardare, creare, immaginare alternative e nuovi mondi alternativi,
ma nello stesso tempo di riuscirci a riportare tutti con “i piedi per terra
stabilendo un reale contatto con i problemi che caratterizzano la vita dei quartieri.
Il Rap naturalmente non è solo politico,
ma si fa politica anche quando si pensa di non farla:
quando il linguaggio è sistematicamente misogino
questo è riscontrabile nell’immediato a tal punto da definire un immaginario preciso,
tale contesto per lo stesso e identico motivo
può essere interpretato in un modo differente,
questo perché i testi Rap al contrario degli altri generi musicali
sono molto più autobiografici.

Un altro interrogativo ricorrente riguarda il tema del cantante (Rap):
può un grande artista fare uso e consumo di un linguaggio misogino
per rappresentare la sua idea artistica
senza che essa venga censurata o colpita ingiustamente dalla critica?
È una questione di censura o, viceversa, di etica morale?
Qual è il confine di accettabilità del linguaggio sessista,
dal «semplice» uso di termini che invece non hanno assolutamente nulla di sessista?

Sono tutte domande che trovano la loro risposta in un unica domanda:
Siamo davvero convinti che contestualizzando i testi Rap
l’unica conclusione è che siano misogini?
Non credete sia stia davvero esagerando su questo tema
senza riuscire minimamente a considerare i contesti
in cui vengono utilizzate certe parole
ed il modo ironico di rappresentare l’universo femminile legato a quello maschile.
In realtà i consumatori svolgono un ruolo chiave in questo processo
in quanto fruitori di un prodotto condizionato dalle tendenze del momento:
lo scontro è quello per trovare l’equilibrio
tra ciò che l’artista vuole esprimere e ciò che il pubblico vuole ascoltare.
Spesso viene indicato questo tema come risposta
a chi predilige l’utilizzo di testi decisamente più provocatori,
ma che fondamentalmente non sta seguendo nessun tipo di strada
legata al marketing, ma segue semplicemente se stesso
e le esperienze vissute nel quotidiano,
questo perché i testi non fanno altro che ripercorrere il background dell’artista.

Nel brano Let Me Ride ad esempio,
Dr. Dre esprime «un elogio della vita gangsta»
e nel suo articolo U.Net aggiunge come a un certo punto
«da The Chronic in poi le etichette discografiche delimitarono la musica Rap
in una formula ben definita – sesso, droga e strada
questo perché la maggior parte dei rappers
affrontavano questi temi in modo deciso
avendo di persona vissuto determinati episodi nella loro vita
ed essendo strettamente legati a dinamiche familiari distruttive
che hanno inciso notevolmente sulla loro scrittura.
Questi testi riproducono un immaginario subalterno, articolato e creato dall’uomo che descrive la donna in un modo che potrebbe apparire misogino, ma in realtà,
chi si identifica in quel genere musicale
condivide in pieno quell’attitudine narrativa,
ed è soprattutto il genere femminile ad approvare tale narrazione
in quanto riesce tranquillamente a coglierne l’ironia di fondo
senza lasciarsi trasportare da giudizi estremi e preconcetti.
Per tale motivo, quando capita di ascoltare le critiche
dalle cosiddette vecchie generazioni verso la generazione Z
che riguardano principalmente i concetti e le parole usate nelle canzoni
ci rendiamo conto come certi “puristi del genere“,
in realtà, vivono questa esperienza in un modo del tutto contraddittorio
e che la loro posizione risulta essere basata su concetti
che sono totalmente in antitesi tra loro.
Basti pensare al dozens, pratica ricorrente nelle battle di freestyle
sfide verbali rituali che caratterizzano le situazioni di scontro nel Rap
in cui ci si insulta in rima finché uno non si arrende
e si tende a usare termini femminilizzati o omofobi
per mettere in dubbio la virilità degli stessi contendenti,
ma lo scopo finale resta principalmente ricreativo
e i contenuti sono una forma di linguaggio provocatoria
utilizzata per fini e scopi legati ad una competizione.

Potremmo prendere delle frasi di alcune canzoni famose
ed estrapolarle dal loro concetto totale
e suonerebbero decisamente sessiste.

Vasco Rossi
(‘è andata a casa con il negro la tro…’)

Colpa d’Alfredo

Afterhours
(‘sei più bella vestita di lividi’)

Lasciami leccare l’adrenalina

Marco Masini
(‘bella stronza, mi verrebbe di strapparti quei vestiti da putt…
e tenerti a gambe aperte
’)

Bella Stronza

Achille Lauro
(‘l’amore è un po’ ossessione, un po’ possesso.
carico la pistola e poi ti sparo in testa
’)

La Bella e la Bestia

Myss Keta
(‘toccami la gamba, passami la bamba, Jo sono la tua tro…’)».

Milano, Sushi e Coca

Tutte queste frasi non hanno senso
se vengono private del concetto essenziale
che può essere compreso solo ed esclusivamente
tenendo presente l’intero testo scritto dell’artista.
Finché non si agisce fisicamente,
il linguaggio è un puro esercizio di stile perché,
l’arte può avere un linguaggio esplicito ed il Rap, da sempre,
fa grande uso di elementi narrativi di finzione e immaginazione
che non rappresentano necessariamente il pensiero dell’artista,
ma che a volte servono per creare l’atmosfera giusta
per chi ascolta e chi apprezza questo genere musicale.
Essendo la musica Rap emersa dalle condizioni dei quartieri più malfamati
è comprensibile come nel tempo abbia assimilato anche un tipo di linguaggio
che non può assolutamente essere paragonato
al linguaggio utilizzato nella musica tradizionale.
La prostituzione di strada è presente in questi quartieri svantaggiati e marginali.
Chi vive in queste aree incontra ostacoli nella ricerca di lavoro
e la prostituzione così come il pimpin’
possono essere viste come strade alternative ai lavori di sfruttamento.
Esiste quindi una consapevolezza maggiore di chi racconta attraverso la musica
la vita dei quartieri, dando un’immagine spesso cruda, ma reale,
utilizzando un’ironia tagliente, ma efficace, sdoganando i tabù della società
e ridando speranza ad una narrazione musicale originale ed unica.

De Luca Italo Matteo