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Saturday Cafè: RESET

Cari lettori e appassionati di musica Urban
siamo entusiasti di presentarvi la ventesima intervista
della nostra nuova rubrica,
Saturday Cafè,
che Vi accompagnerà ogni Sabato su queste pagine
per esplorare il mondo affascinante della scena Urban
e delle sue brillanti menti artistiche.

Prima di iniziare questa avventura emozionante,
vogliamo fare un tuffo nel passato
e ricordare la versione 2020 di Saturday Cafè,
trasmessa in diretta sui nostri canali social.
Per chi abbia perso le puntate live,
abbiamo preparato qualcosa di speciale per Voi.
Abbiamo creato una playlist esclusiva su YouTube
che raccoglie tutte le emozionanti trasmissioni passate.

Il nostro intento è quello di raccontare attraverso le loro parole
le Storie, le Sensazioni e gli Obiettivi
degli artisti che stimiamo di più nel panorama Urban.
Il format è studiato intorno a sei domande
che verranno poste di volta in volta
ai vari artisti che intervisteremo.
Lasciando loro libertà di tempo e spazio
senza nessun filtro e nessuna censura.

L’artista di oggi è Reset, artista Rap della scena calabrese.
Originario di Lamezia Terme e membro attivo
di Cosenza Campus Chyper” ed “I Senza Nome“.

Domanda 1:
Raccontaci in modo approfondito la tua storia nel mondo della musica.
Qual è stato il punto di partenza del tuo viaggio artistico
e quali sono state le tappe significative lungo il percorso?
Condividi con Noi le sfide, i momenti di crescita personale e le esperienze
che ti hanno plasmato come artista.
Risposta 1:
Questa storia inizia nel 2012, con una risma di cd masterizzati, dimenticati nella mia auto da un amico rappuso con cui giravo al tempo.
Quando gli dissi che aveva scordato tutto quel ben di dio nella mia macchina, mi rispose che potevo tenerli,
<Ormai sono tuoi fra, fatti una cultura!>.
Non me lo feci ripetere due volte, li ascoltai uno ad uno.
C’erano Inoki e Joe Cassano, Bassi, Lord Bean, i Onemic, Mistaman, Dargen D’Amico, i Two Fingerz e tantissimi altri. Fu amore a primo ascolto.
Ed io sono fatto così, quando una cosa mi piace tanto mi viene voglia di provare a farla. Il mio debutto come Reset avvenne giusto qualche mese dopo, avevo da pochissimo iniziato a scrivere e fare freestyle, andavo poco oltre la rima “cazzo/palazzo”, ma questo non mi ha impedito di iscrivermi al contest di freestyle della festa dell’arte, evento molto importante nella mia città ai tempi.
Giusto per darvi un’idea, sono tanti anni che mi esibisco, ma non so se ho mai avuto un pubblico enorme come quello del mio debutto.
Non andò molto bene, anzi ahaha, non fu facile riprendersi dalle conseguenze di quel contest.
Ma ormai il dado era tratto, Reset era nato, e di certo non avevo la benché minima idea del viaggio che era appena iniziato. *lacrimuccia*

Domanda 2:
Siamo curiosi di conoscere il dietro le quinte del tuo nome d’arte.
Potresti condividere con Noi l’origine di questo nome
ed il motivo per cui hai scelto proprio quello?
Quali significati o simbolismi sono legati a questo nome
ed in che modo si riflette nella tua musica e nella tua identità artistica?
Risposta 2:

Il mio nome nasce dal fatto che ai tempi provavo una certa rabbia verso me stesso.
Sentivo di essermi limitato troppo, di non avere sfruttato occasioni, di avere buttato anni.
Diciamo che volevo chiudere con una parte di me in cui non mi rivedevo più (o in cui non volevo più rivedermi).
Nasce da qui l’esigenza di un RESET, una rinascita, un ricominciare da capo.
E poi dai, l’ho scelto anche perché oggettivamente suona proprio figo. No?

Domanda 3:
La carriera musicale è quasi sempre influenzata in modo significativo dalla crew,
dal gruppo di provenienza e dalla città di nascita.
Vorremmo saperne di più sulla tua crew e sul modo in cui avete lavorato insieme
per raggiungere i vostri obiettivi comuni.
Raccontaci delle dinamiche di gruppo, delle esperienze condivise
e di come vi siete supportati reciprocamente nel percorso musicale.
Risposta 3:

La mia crew si chiama “I Senza Nome”:
siamo io, Casp 1 ed Anafem.
La sua creazione fu fondamentale per il mio percorso artistico perché arrivò in un periodo di stagnazione.
Le sessioni di scrittura che facevamo al tempo sono uno dei ricordi più belli che porto con me.
Lo stimolarsi a vicenda, la competizione non nociva, i feedback istantanei da:

Oh, senti sta roba dimmi se può andare, mi hanno portato ad un livello successivo. Prima di allora ero sempre stato un cane randagio.
Partorivo idee, scrivevo e pubblicavo tutto in solitaria.
I pareri arrivavano sempre ad avvenuta pubblicazione.
Con gli svantaggi del caso.
Potrà sembrare banale, ma da Casp 1 ho imparato che quello che facciamo è a tutti gli effetti musica, e che puoi avere il testo più figo del mondo, ma se non lo fai suonare bene gli mancherà sempre qualcosa “Tanto vale che scrivi un libro o fai poesie”.
Grazie al lavoro fianco a fianco con Anafem ho sviluppato un’attenzione particolare alle parole.
Alla loro importanza. Ed alle responsabilità che abbiamo quando le usiamo.

Domanda 4:
Il tuo ultimo lavoro ha suscitato grande interesse e apprezzamento
da parte del pubblico.
Ci piacerebbe saperne di più su questo progetto.
Potresti condividere con noi qualche dettaglio speciale
e raccontarci eventuali aneddoti o curiosità legati alla sua creazione?
Quali sfide hai affrontato durante il processo di realizzazione
e cosa rende questo lavoro così unico nella tua carriera?
Risposta 4:

Penso che le mie canzoni piacciono perché ho un modo tutto mio di affrontare le tematiche.
Ho sempre cercato dei modi originali per veicolare i miei messaggi.
Scrivere è anche dire cose banali, ma non farle sembrare tali.
È come quando sta arrivando a casa tua la ragazza che ti piace, per un invito a cena, ma ti rendi conto di avere 4 cazzate in frigo, e allora ti inventi una ricetta gourmet all’ultimo.
Gli ingredienti sono gli avvenimenti della vita, chi mangerà il piatto è il pubblico, puoi fare qualcosa di più della solita pasta al tonno!

Domanda 5:
Sappiamo che gli artisti sono costantemente alla ricerca di nuove ispirazioni
e di nuovi progetti da realizzare.
Potresti darci un’anteprima esclusiva del tuo prossimo lavoro?
Quali sono le idee e i concetti che stai esplorando
in questa nuova fase della tua carriera?
Ciò che ci puoi svelare ci permetterà di avvicinarci ancora di più
alla tua visione artistica.
Risposta 5:

Per il 2024 ho in mente di uscire fuori con un ep/album, ho già diverse tracce, ma la caccia non è ancora finita, anzi.
Per il resto ho intenzione di continuare a concentrarmi anche sul Freestyle.
In Calabria da questo punto di vista qualcosa sta cambiando.
Soprattutto grazie al Cosenza Campus Cypher, per chi non lo sapesse, il muretto di Milano, ma traslato dalle nostre parti.
Il progetto nasce dall’idea di mio cugino Antonio (aka Tony) e sta riscuotendo un sacco di successo.
È fottutamente bello vedere così tanta gente infottata per una cosa che fino all’anno scorso avevo percezione che fossi rimasta a farla solo io e pochi altri.
Siamo il Giovedì sera al Polifunzionale dell’Università della Calabria, passateci a trovare 😉

Domanda 6:
Ti chiediamo di raccontarci il tuo rapporto con il mondo della musica underground e di spiegarci come vedi il ruolo fondamentale della produzione, distribuzione e promozione della musica autoprodotta nel panorama musicale odierno.
Qual è la tua esperienza personale, le sfide affrontate e le opportunità che hai incontrato nell’essere parte del movimento underground ?
Siamo curiosi di scoprire quali strategie hai adottato per far emergere la tua musica in un contesto indipendente e come percepisci la sua risonanza all’interno della scena musicale.
Risposta 6:

Il lato distribuzione è un casino.
Purtroppo il meccanismo attuale premia poco le skills e tanto chi ha il portafogli pieno, per farsi mettere nelle playlist che contano su Spotify o repostati dalle pagine Instagram “giuste”.
Sono molto contento dell’esistenza di una realtà come la vostra, che sostiene noi artisti dell’underground.
In questo momento questi mi sembrano gli unici antidoti alla situazione.
Riguardo a come promuoversi, l’unica cosa che mi viene da dire è “non puntate tutto sui social”!
È ovvio che il grosso ormai passa da lì.
Ma non dimenticatevi i live.
Rompete il cazzo agli eventi, mettetevi in 6 dentro una macchina, smezzate la benza e arrivate a quella jam lontana.
Insomma, prendete il microfono in mano.
Anche questo vi aiuterà tanto.
Come sta aiutando me.

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